Faccio soltanto un copia-incolla dalla mia tesi, ho poco tempo.
Se mi accorgo di qualche imprecisione o inesattezza ve lo farò sapere.
Allo stesso modo apporterò qualche aggiunta.
La protezione dell’immagine è una fattispecie che assume rilevanza ai sensi del diritto d’autore, in quanto si tratta di un segno distintivo riconducibile ai diritti fondamentali dell’uomo che si contrappone al diritto di chi ha realizzato il ritratto in questione. Viene dunque a configurarsi, pur se in senso generico, come un limite alla tutela del lavoro fotografico, una sorta di contraltare del diritto d’autore spettante al fotografo.
Così come per l’autore dell’immagine fotografica è possibile distinguere il lato morale da quello patrimoniale, anche per il diritto in parola, con una quasi perfetta simmetria, vedremo l’emergere della stessa bipartizione.
In linea con la quasi totalità delle disposizioni normative fino ad ora esaminate, anche per questo controverso diritto risulta difficile fissare principi che abbiano una validità universale e il discorso, di conseguenza, si articolerà all’interno di un contesto in cui “approfondite riflessioni non sono ancora valse a fissare criteri incontrovertibili e ad impedire decisioni contrastanti di fattispecie del tutto analoghe” .
Le problematiche etiche e giuridiche poste, per quanto qui ci interessa, dalla possibilità di divulgazione del ritratto fotografico, meritano inoltre di essere inquadrate anche all’interno della recente Legge 675/96 sul trattamento dei dati personali e del successivo D. Lgs 196/2003 (Codice per la protezione dei dati personali).
Partendo dal dato normativo e scorgendo la diversa terminologia usata dalla legge, immagine nell’art. 10 c.c. e ritratto negli artt. 96-97 l.d.a., bisogna stare attenti a non attribuirgli il significato di stabilire una netta cesura tra le relative ipotesi disciplinate, ma, al contrario, è corretto ritenerla come volta ad integrarle vicendevolmente.
“Nel ritrarre una persona dobbiamo perciò considerare alla stregua di ritratto, quanto ai riflessi legali e giuridici, non solo il volto della persona, ma anche ogni particolare, benché minimo, che possa ricondurre alla sua identificazione” .
Il diritto in questione pare dunque potersi inquadrare all’interno di quello più generico alla riservatezza rispetto al quale viene a porsi in un rapporto di genere a specie e sul quale, nel corso degli anni, la giurisprudenza è tornata più volte traendo, passo dopo passo, interessanti spunti a favore della sua accoglibilità. Il diritto alla riservatezza, dunque, può considerarsi ormai come un dato acquisito, sia in sede dottrinale che in sede giurisprudenziale, pur con notevoli difficoltà nella concreta delineazione dell’oggetto e dei limiti dello stesso .
Andando addirittura oltre, il diritto all’immagine è stato considerato estendibile anche ad oggetti inanimati univocamente riferibili ad una persona, come ad es. i capi di abbigliamento indossati abitualmente ed idonei ad identificare il soggetto . La chiara identificabilità del soggetto risulta sempre un requisito indispensabile visto che “Nel nostro sistema positivo non esiste una disciplina della riproduzione delle cose analoga a quella che tutela l’immagine della persona” .
Proprio il criterio della possibile identificabilità del soggetto è stato poi alla base di pronunce giudiziarie di senso inverso, negatrici cioè del diritto all’immagine pur in presenza di un primo piano dell’individuo in questione. Si trattava infatti di maschere carnevalesche celanti l’aspetto del soggetto e di conseguenza del tutto inidonee a ledere la privacy dell’interessato , oppure di opere modificate a tal punto da rendere il risultato quasi astratto e non più collegabile ad alcuna persona .
Deve dunque ritenersi, pur nella mancanza di un’esplicita indicazione costituzionale, che tale diritto sia da ricondurre a quelli fondamentali dell’uomo e che abbia quindi un’indiretta fonte nell’art. 2 cost., come è stato stabilito in alcune pronunce giurisdizionali.
Cassazione, 25 marzo 2003, n. 4366
“Il diritto alla riservatezza consiste nella tutela di situazioni e di vicende personali e familiari dalla curiosità e dalla conoscenza pubblica.
La fonte primaria del diritto alla riservatezza è l’art. 2 cost.
La lesione del diritto alla riservatezza può aversi sia con riguardo alla persona nota che alla persona non nota” .
Superato, con l’avvento della Carta Costituzionale, il problema dell’unicità o pluralità dei diritti della personalità, si è oggi concordi nel sostenere che l’art. 2 cost. protegga qualunque interesse collegato alla realizzazione della personalità dell’individuo e quindi anche la sua riservatezza .
Sul fronte dei soggetti tutelabili dalle disposizioni in questione, una decisa chiusura si è avuta invece nei confronti delle persone giuridiche, per le quali gli artt. 10 c.c. e 96 l.d.a. non sarebbero infatti invocabili (gli enti collettivi, tuttavia, conservano il diritto a non veder travisata la propria identità).
Una particolare pronuncia ha affermato invece l'esistenza del diritto all'immagine in capo ad un soggetto collettivo, nella fattispecie una squadra di calcio.
Il diritto all’immagine, oggetto dell’interesse del ritrattato e di quello concorrente dell’autore-fotografo, corre quindi su un filo sottile cosicché “dietro ogni scatto, anche il più usale, può operare un potenziale artista, un professionista oppure un potenziale reo” , stante il potere della fotografia di incidere nella sfera soggettiva delle persone ritratte.
In quest’ottica, gli artt. 10 c.c. e 96-97 l.d.a., impongono all’autore il divieto di ledere gli altrui diritti della personalità, sia sul piano del diritto all’immagine che di quello alla riservatezza.
Passando all’analisi della disciplina positiva, notiamo che già nell’art. 10 c.c. viene posto un primo tassello a favore della prevalenza del diritto all’immagine sul diritto d’autore e, come vedremo tra poco, nei confronti degli artt. 96-97 l.d.a., l’art. 88 della stessa deve considerarsi sostanzialmente recessivo. L’esposizione o la pubblicazione di un ritratto di una persona (o dei genitori, del coniuge e dei figli) risultano, infatti, soggette a restrizioni e limitazioni che diventano addirittura assolute nel caso in cui si palesi una lesione all’onore e al decoro della persona stessa o dei suoi congiunti.
Gli artt. 96-97 l.d.a. si pongono poi, rispetto alla citata disposizione, come specificazioni della generica formula in essa enunciata chiarendo, per quanto possibile, in quali ipotesi l’esposizione e la pubblicazione di un ritratto diventano invece lecite.
Perché la riproduzione, l’esposizione o la divulgazione di un ritratto fotografico non integrino gli estremi della violazione del diritto all’immagine, è dunque necessario che a favore dell’autore operino delle scriminanti, rintracciabili sia sul piano consensuale che su quello legale.
Più avanti metterò le scriminanti, una alla volta con i loro limiti.
Estensione del diritto all'immagine
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