Già, nessuno può prevederlo.mrgilles ha scritto:è inquietante.. non riesco a fare a meno di guardarla. chissà se lo girerà quell'angolo..
Grazie Stefano!
Ciao
Carlo
Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi
Già, nessuno può prevederlo.mrgilles ha scritto:è inquietante.. non riesco a fare a meno di guardarla. chissà se lo girerà quell'angolo..
Grazie Marco! In effetti ho un po' di conflitto tra me e me: fossi bravo a fare foto quanto me la cavo a pensarne sarei un discreto fotografo. Invece sono solo un passabile pensatore di fotografia... ;-)marco palomar ha scritto:mi piace la foto ma ancora di più la spiegazione che ne dà Carlo
Ma Vittorio, potrebbe mai venirmi in mente di fare una cosa simile?....Vittorio ha scritto:(siam tutti cavie lo sapete vero??)
ulyssesitaca ha scritto: Mi sto chiedendo infatti di questi tempi, se il proliferare di una certa sintassi fotografica più accennata, aquarellata mi vien da dire, che suggerisce una emozione invece che raccontarne una, che accenna a un fatto senza sentire il bisogno/dovere di descriverlo pienamente (e penso soprattutto al reportage) non sia qualcosa di più che una necessità di superare gli antichi stilemi.
Voglio dire che, in un mondo in cui i fatti, cosi come i concetti, vengono descritti praticamente quando accadono, e si ripetono e si accavallano, battendosi reciprocamente sul tempo e lavorando ognuno alla interpretazione dell'altro, sembra che descrivere qualcosa non serva più, diventi quasi una scontata linea di partenza anzichè l'arrivo come era nel reportage degli anni 50-70.
Insomma, mi pare di vedere, complice di spicco anche il terribile, inarrestabile naufragio della ideologia come linfa vitale del metabolismo dello spirito, che la fotografia sta passando velocemente dalla funzione preponderante di descrizione a quella di suggestione (intesa come suggerimento).
carlo riggi ha scritto: Il passaggio da una fotografia descrittiva ad una suggestiva, come tu sottolinei, è proporzionale alla pervasività visuale della nostra società multimediale, in cui tutto è dato in tempo reale. Credo che tu sia nel giusto anche quando riferisci questo fenomeno, magari non come causa diretta, all'indebolimento delle ideologie. Ma forse direi anche ad una visione meno assolutista delle stesse leggi della scienza, pensiamo alla relatività, alla fisica quantistica, a tutte le teorie che hanno accentuato il problema dell'indeterminatezza dell'esistenza.
Se ciò costituisca un tradimento delle premesse fondamentali della fotografia non saprei dire. Probabilmente ne costituisce un'espansione, visto che la funzione originaria della fotografia oggi sembra, ahinoi, assolta più efficacemente dai videofonini...
Una fotografia che evoca lancia un messaggio più ampio ma meno univoco di una fotografia che descrive. E' espressione di un autore che non vuole asserire una verità ma vuole condividere una gamma di emozioni, una storia aperta.
[...]Il reportage fino a ieri si occupava di ciò che di sconosciuto c'era fuori di noi, oggi si occupa anche di ciò che di sconosciuto c'è dentro, all'autore e al fruitore. Emozioni che diventano parte integrante della foto stessa e contribuiscono a farla vivere.
Esatto. Ma in un certo senso è vero anche il reciproco: la capacità di un'immagine di andare oltre l'evidenza dei fatti dipende dalla sua bellezza.Nikita ha scritto: Al tempo stesso è necessario ammettere che la bellezza di un’immagine risiede nella sua capacità di andare oltre l’evidenza dei fatti.
Vittorio, credo che in parte tu abbia ragione. L'equivoco, però, può risiedere in quel "alla portata di tutti". Se intendi con ciò che un'immagine debba essere letteralmente "comprensibile" dico che non sono d'accordo.Vittorio ha scritto:Io credo che il valore alto dell'immagina sia effettivo solo quando il messaggio intrinseco e' alla portata di tutti