se ne è andao Lino Lacedelli, storico e mitico salitore del K2 insieme a Compagnoni: di lui avevo pubblicato una intervista sul numero di Marzo 2007 di Reflex, un incontro inaspettato alla Croda da Lago, durante un'escursione nell'Ampezzano. Date le mie frequentazioni cortinesi l'avevo incontrato spesso e mi aveva mostrato la macchina che portava alla spedizione del K2, una modesta Zeiss Ikon Contina, tuttavia indistruttibile, con ottica Novar. Il fotografo ufficiale della spedizione era Fantin, con un mirabolante corredo comprendente Contax e Rolleiflex, mentre i singoli partecipanti si portavano dietro le loro macchine personali, quelle della Italia del 1954, Bonatti ad esempio aveva una semplicissima Ferrania Condoretta.
Era una persona di una vitalità incredibile ed esplosiva, molto umano e simpatico, ma tuttavia estremamente riservato: mi rimane impressa la scena di lui ad 80 anni suonati che risale, da solo, l'Alpe di Mondeval alle otto del mattino ad una velocità incredibile, sembrava andasse di corsa!
Anche Lui dopo Cassin ci ha lasciato quest'anno.
Pierpaolo
Anche Lino usava una Zeiss....
Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi
Una delle emozioni più grandi, vissuta da bambino e ancora scolpita e presente nella mia mente, è stata la visione del film (vero, con i veri protagonisti) sulla conquista italiana del K2. Il nome di Lacedelli, che è andato avanti, mi riporta inevitabilmente a quei ricordi. Anni fa ho visto una foto di quella spedizione, in cui si vedeva uno dei protagonisti con una Contax al collo, e un altro che fotografava con una fotocamera che non ero stato in grado di identificare. Sarebbe bello sapere 55 anni dopo quali attrezzature sono state utilizzate e poter vedere qualche foto originale della spedizione
Ciao a tutti
Marco
Ciao a tutti
Marco
batmar
-
- Messaggi: 260
- Iscritto il: gio ott 25, 2007 1:45 pm
Pensa che io, da ragazzo, ho visto la proiezione delle foto originali della spedizione, presentate (e forse anche in parte scattate) da Cirillo Floreanini, membro del team.
Tutte 6x6, penso scattate con la Rolleiflex.
Un esperienza che, a distanza di tanti anni, non ho ancora dimenticato.
P.S. A proposito dello scomparso Lacedelli, è nota la feroce polemica che, per anni, lo ha contrapposto al grandissimo Walter Bonatti, e che non si sopì nemmeno dopo la recente "riabilitazione" del grande scalatore da parte del CAI e del mondo alpinistico più o meno "ufficiale".
"Riabilitazione" (o riconoscimento di aver sempre ignorato, per anni, la verità..), che ha finalmente reso giustizia al grande alpinista bergamasco, che, caparbiamente, non aveva mai voluto accettare la versione "ufficiale" della spedizione, dopo la terribile esperienza del famoso bivacco ad 8000 metri.
Tutte 6x6, penso scattate con la Rolleiflex.
Un esperienza che, a distanza di tanti anni, non ho ancora dimenticato.
P.S. A proposito dello scomparso Lacedelli, è nota la feroce polemica che, per anni, lo ha contrapposto al grandissimo Walter Bonatti, e che non si sopì nemmeno dopo la recente "riabilitazione" del grande scalatore da parte del CAI e del mondo alpinistico più o meno "ufficiale".
"Riabilitazione" (o riconoscimento di aver sempre ignorato, per anni, la verità..), che ha finalmente reso giustizia al grande alpinista bergamasco, che, caparbiamente, non aveva mai voluto accettare la versione "ufficiale" della spedizione, dopo la terribile esperienza del famoso bivacco ad 8000 metri.
Io di montagna non so nulla ma la conquista del K2, il fatto che i primi a scalarlo siano stati degli italiani, anche se non sapevo chi, mi sa che è uno dei pochi eventi a fare parte della piccola memoria condivisa di questo paese... e non è poco!!!
(ehm, le licenze poetiche nel messaggio di cui sopra vorrebbero essere umoristiche)
Io sono uno che con l' italiano ha sempre bisticciato lungi da me fare osservazioni, ma però visto che a me mi sfugge chi è dei due il "grande scalatore riabilitato" e chi il "bergamasco" dei due? Me sono ignorante sai, però se lo hai scritto presumo che tu voglia farlo capire anche a chi non lo sapeva già...Votantonio ha scritto:
[...]
P.S. A proposito dello scomparso Lacedelli, è nota la feroce polemica che, per anni, lo ha contrapposto al grandissimo Walter Bonatti, e che non si sopì nemmeno dopo la recente "riabilitazione" del grande scalatore da parte del CAI e del mondo alpinistico più o meno "ufficiale".
"Riabilitazione" (o riconoscimento di aver sempre ignorato, per anni, la verità..), che ha finalmente reso giustizia al grande alpinista bergamasco, che, caparbiamente, non aveva mai voluto accettare la versione "ufficiale" della spedizione, dopo la terribile esperienza del famoso bivacco ad 8000 metri.
(ehm, le licenze poetiche nel messaggio di cui sopra vorrebbero essere umoristiche)
Quando il dito indica la luna io guardo il miracolo dell' evoluzione, il saggio il grosso sasso.
Ciao, Matteo
Ciao, Matteo
avendo frequentato l'ambiente degli Scoiattoli e conoscendo i retroscena della spedizione del K2 posso raccontare quanto segue.
-----
Occorre per prima cosa rapportarsi all'Italia dei primi anni Cinquanta, quando l'alpinismo era una attività povera, spesso di disadattati, in ogni caso spesso di gente socialmente emarginata se non nel proprio ambiente. Le spedizioni all'estero erano irragiungibili, sia per i costi che per l'organizazzione. Ardito Desio, già noto per diverse spedizioni, fu incaricato dal CAI di organizzare la difficile spedizione al K2, tentato solo precedentemente da una spedizione americana, fallita per un soffio, che poneva diversi difficili problemi anche organizzativi in Pakistan. Desio possedeva forti entrature politiche nella DC: tali entrature gli permisero di servirsi di Riccardo Cassin, allora il più forte e famoso alpinista italiano, per la ricognizione nel 1953 e poi di 'liquidarlo' attraverso la commissione medica come 'inadatto', e di non chiamare Cesare Maestri, noto comunista e 'rompiballe'.
La squadra, di 18 italiani, era un misto di fortissimi alpinisti e di altri onesti professionisti, equamente divisa (direi politically correct) tra dolomitisti ed occidentalisti. Tra le star c'era Lacedelli, all'epoca sulla breccia per l'incredibile scalata della Cima Scotoni, il bergamasco Bonatti, giovanissimo ma che aveva eseguito una serie di eclatanti ripetizioni di scalate mitiche dell'anteguerra, E, Abrahm, noto dolomitisti bolzanino, Rey, della stirpe delle guide di Courmayeur, e Soldà, famosissimo dolomitista, il più anziano di tutti. Poi vi erano i professionisti tra cui Compagnoni, guida della Valfurva, ed onesto alpinista. Anche se può sembrare strano, la cosa fondamentale della selezione tra i vari alpinisti non era l'abilità particolare, vista anzi come un modo di fare la 'primadonna', ma la capacità di sopportazione alla fatica e l'inclinazione al'obbedienza, visto che la spedizione era strutturata militarmente. Tutti temevano Desio, non a caso soprannominato 'Piccolo Cesare o Piccolo Duce, per la sua statura di fronte ai marcantoni di montagna ma anche per la sua ferrea volontà di riuscita nell'impresa, che NON rappresentava solo una avventura alpinistica, ma rilaciava l'immagine dell'Italia a livello organizzativo, a livello della Francia (1950 prima conquista di un ottomila l'Annapurna), dell'Inghilterra (1953, Everest), e della Germania, con la titanica e tragica lotta contro il Nanga Parbat.
Desio fece firmare un patto in cui tutti i partecipanti erano sottoposti a ferrei regolamenti,minaccianoli di rovinargli la carriera e la vita se non avessero ubbidito, in quanto era in possesso di amicizie così altolocate (anche DeGasperi) sia in politica che nella stampa da attuare le sue minacce. Non a caso emetteva bolllttini stampa dal campo base per i suoi ordini.
La spedizione comprendeva 500 portatori Hunza per trasportare l'enorme mole di materiale al campo base e a quelli successivi in quota, e subì lo shoc della morte di Puchoz per polmonite.
Arriviamo dunque alla fine.
Compagnoni e Lacedelli formano la cordata di punta: Compagnoni il perfetto 'yesman' che deve tutto a Desio, Lacedelli lo scalatore di punta. Dietro di loro Bonatti, la nuova star dalla forza ineauribile, e lo Hunza Madhi che portano su le fondamentali bombole d'ossigeno per la giornata storica. L'appuntamento è fissato: i due di punta apriranno la strada e posizioneranno il campo in attesa che gli altri due arrivino con le bombole. Siamo a cira ottomila metri di quota, nel 1954, in posti mai visti dall'uomo, su una montagna gigantesca ed inesplorata nel cuore dell'Asia.
Ma qualcosa accade: Bonatti e Madhi non trovano la tenda nel luogo previsto, depositano le bombole, discendono un poco e passeranno un'allucinate notte ad ottomila metri, scavandosi una truna nella neve, da cui Bonatti uscirà illeso ma molto provato psicologicamente mentre a Madhi saranno amputate diverse dita.
Il giorno dopo, 31 Luglio 1954, con l'aiuto delle bombole. Lacedelli e Compagnoni saliranno il K2.
Da questo peccato originale, l'aver abbandonato un compagno, che nell'ambiente di montagna e per una guida alpina è sinonimo di viltà e peggio di un omicidio, seguiranno tutta una serie di menzogne a catena, che divideranno per sempre i partecipanti alla spedizione.
Al campo base, al ritorno, è polemica: Bonatti accuserà i due di tentato omicidio, mentre gli altri lo accuseranno non solo di aver voluto rubare la vetta, ma, colpa massima agli occhi di Desio, di voler rovinare l'immagine della spedizione e dell'Italia. Desio pertanto difende a spada tratta la versione di Compagnoni e Bonatti subirà una serie di processi da cui uscirà sempre vincitore. Il CAI, solo dopo 50 anni riscriverà la storia ufficiale della spedizione, smentendo la voluminosa relazione ufficiale di Desio, contro la quale si è battuto per decenni Bonatti, affermando che:
- la tendina non era posizionata dove doveva essere
- i due hanno usato le bombole sino alla vetta (avevano negato il fatto), ma esistono delle foto, che sono state ritrovate dopo quarant'anni, ma che all'epoca erano state fatte sparire,
- l'apporto e il sacrificio di Bonatti hanno salvato l'impresa
Lacedelli, solo DOPO la morte di Desio, ( e questo deve far capire la paura che emanava) scriverà la propria verità dando tutta la colpa a Compagnoni, protetto da Desio (in effetti Compagnoni gli deve tutto), mentre Bonatti ha scritto tutta una serie di libri sulla Verità del K2, tra cui i vari processi, le calunnie e i depistaggi, anche giornalistici, che Desio aveva organizzato per tacitarlo e farlo passare per bugiardo.
Tutto questo tuttavia non deve meravigliare perchè tutte le grandi spedizioni alpinistiche dell'epoca sono finite in aule processuali, per varie questioni, talvolta di una meschinità assurda.
Lacedelli almeno ha ammesso la sua verità, Compagnoni, sicuro dell'impunità promessagli da Desio in cambio della fedeltà, non ne ha mai avuto il coraggio.
---
sulla attrezzatura fotografica scriverò un'altra volta, per non annoiare troppo.
Pierpaolo
-----
Occorre per prima cosa rapportarsi all'Italia dei primi anni Cinquanta, quando l'alpinismo era una attività povera, spesso di disadattati, in ogni caso spesso di gente socialmente emarginata se non nel proprio ambiente. Le spedizioni all'estero erano irragiungibili, sia per i costi che per l'organizazzione. Ardito Desio, già noto per diverse spedizioni, fu incaricato dal CAI di organizzare la difficile spedizione al K2, tentato solo precedentemente da una spedizione americana, fallita per un soffio, che poneva diversi difficili problemi anche organizzativi in Pakistan. Desio possedeva forti entrature politiche nella DC: tali entrature gli permisero di servirsi di Riccardo Cassin, allora il più forte e famoso alpinista italiano, per la ricognizione nel 1953 e poi di 'liquidarlo' attraverso la commissione medica come 'inadatto', e di non chiamare Cesare Maestri, noto comunista e 'rompiballe'.
La squadra, di 18 italiani, era un misto di fortissimi alpinisti e di altri onesti professionisti, equamente divisa (direi politically correct) tra dolomitisti ed occidentalisti. Tra le star c'era Lacedelli, all'epoca sulla breccia per l'incredibile scalata della Cima Scotoni, il bergamasco Bonatti, giovanissimo ma che aveva eseguito una serie di eclatanti ripetizioni di scalate mitiche dell'anteguerra, E, Abrahm, noto dolomitisti bolzanino, Rey, della stirpe delle guide di Courmayeur, e Soldà, famosissimo dolomitista, il più anziano di tutti. Poi vi erano i professionisti tra cui Compagnoni, guida della Valfurva, ed onesto alpinista. Anche se può sembrare strano, la cosa fondamentale della selezione tra i vari alpinisti non era l'abilità particolare, vista anzi come un modo di fare la 'primadonna', ma la capacità di sopportazione alla fatica e l'inclinazione al'obbedienza, visto che la spedizione era strutturata militarmente. Tutti temevano Desio, non a caso soprannominato 'Piccolo Cesare o Piccolo Duce, per la sua statura di fronte ai marcantoni di montagna ma anche per la sua ferrea volontà di riuscita nell'impresa, che NON rappresentava solo una avventura alpinistica, ma rilaciava l'immagine dell'Italia a livello organizzativo, a livello della Francia (1950 prima conquista di un ottomila l'Annapurna), dell'Inghilterra (1953, Everest), e della Germania, con la titanica e tragica lotta contro il Nanga Parbat.
Desio fece firmare un patto in cui tutti i partecipanti erano sottoposti a ferrei regolamenti,minaccianoli di rovinargli la carriera e la vita se non avessero ubbidito, in quanto era in possesso di amicizie così altolocate (anche DeGasperi) sia in politica che nella stampa da attuare le sue minacce. Non a caso emetteva bolllttini stampa dal campo base per i suoi ordini.
La spedizione comprendeva 500 portatori Hunza per trasportare l'enorme mole di materiale al campo base e a quelli successivi in quota, e subì lo shoc della morte di Puchoz per polmonite.
Arriviamo dunque alla fine.
Compagnoni e Lacedelli formano la cordata di punta: Compagnoni il perfetto 'yesman' che deve tutto a Desio, Lacedelli lo scalatore di punta. Dietro di loro Bonatti, la nuova star dalla forza ineauribile, e lo Hunza Madhi che portano su le fondamentali bombole d'ossigeno per la giornata storica. L'appuntamento è fissato: i due di punta apriranno la strada e posizioneranno il campo in attesa che gli altri due arrivino con le bombole. Siamo a cira ottomila metri di quota, nel 1954, in posti mai visti dall'uomo, su una montagna gigantesca ed inesplorata nel cuore dell'Asia.
Ma qualcosa accade: Bonatti e Madhi non trovano la tenda nel luogo previsto, depositano le bombole, discendono un poco e passeranno un'allucinate notte ad ottomila metri, scavandosi una truna nella neve, da cui Bonatti uscirà illeso ma molto provato psicologicamente mentre a Madhi saranno amputate diverse dita.
Il giorno dopo, 31 Luglio 1954, con l'aiuto delle bombole. Lacedelli e Compagnoni saliranno il K2.
Da questo peccato originale, l'aver abbandonato un compagno, che nell'ambiente di montagna e per una guida alpina è sinonimo di viltà e peggio di un omicidio, seguiranno tutta una serie di menzogne a catena, che divideranno per sempre i partecipanti alla spedizione.
Al campo base, al ritorno, è polemica: Bonatti accuserà i due di tentato omicidio, mentre gli altri lo accuseranno non solo di aver voluto rubare la vetta, ma, colpa massima agli occhi di Desio, di voler rovinare l'immagine della spedizione e dell'Italia. Desio pertanto difende a spada tratta la versione di Compagnoni e Bonatti subirà una serie di processi da cui uscirà sempre vincitore. Il CAI, solo dopo 50 anni riscriverà la storia ufficiale della spedizione, smentendo la voluminosa relazione ufficiale di Desio, contro la quale si è battuto per decenni Bonatti, affermando che:
- la tendina non era posizionata dove doveva essere
- i due hanno usato le bombole sino alla vetta (avevano negato il fatto), ma esistono delle foto, che sono state ritrovate dopo quarant'anni, ma che all'epoca erano state fatte sparire,
- l'apporto e il sacrificio di Bonatti hanno salvato l'impresa
Lacedelli, solo DOPO la morte di Desio, ( e questo deve far capire la paura che emanava) scriverà la propria verità dando tutta la colpa a Compagnoni, protetto da Desio (in effetti Compagnoni gli deve tutto), mentre Bonatti ha scritto tutta una serie di libri sulla Verità del K2, tra cui i vari processi, le calunnie e i depistaggi, anche giornalistici, che Desio aveva organizzato per tacitarlo e farlo passare per bugiardo.
Tutto questo tuttavia non deve meravigliare perchè tutte le grandi spedizioni alpinistiche dell'epoca sono finite in aule processuali, per varie questioni, talvolta di una meschinità assurda.
Lacedelli almeno ha ammesso la sua verità, Compagnoni, sicuro dell'impunità promessagli da Desio in cambio della fedeltà, non ne ha mai avuto il coraggio.
---
sulla attrezzatura fotografica scriverò un'altra volta, per non annoiare troppo.
Pierpaolo
Ultima modifica di PIERPAOLO il dom nov 22, 2009 7:54 pm, modificato 4 volte in totale.
- albertograia
- Messaggi: 37
- Iscritto il: lun ott 26, 2009 12:32 am
- Contatta:
un saluto al Grande Lino
"uno psicotico è un tipo che ha appena scoperto la realta "
W. S. Burroughs
W. S. Burroughs
sulla attrezzatura fotografica ho già accennato che ciascun partecipante portava la propria macchina fotografica, ed allora la gente comune possedeva apparecchi molto modesti, come la Contina col Novar di Lacedelli (arrivata in vetta e funzionante ancora...) o la semplicissima Condoretta di Bonatti-
Si vedono comunque anche delle Super Ikonta 6x9.
Il fotografo ufficiale della spedizione era Mario Fantin, che curò anche il famosissimo film - Italia K2 - che il CAI proiettò lungo nelle sue sedi, anche per recuperare le spese di una spedizione durata ben 5 mesi, questi erano i tempi di allora di una vera avventura. Da ricordare che questo film fu il primo, in assoluto, girato oltre la fatidica quota di ottomila metri. Compagnoni, per filmare la vetta si congelòle mani, e poi fece una causa al CAI sostenendo che il film era riuscito solo per le sue riprese. Abbandonato dai compagni, anche a causa del patto di disciplina cui ho accennato prima, perse anche la causa. E Lino mi fece vedere una sua foto che lo ritrae alla vecchia stazione di Cortina, mentre sale sull'autobus della SAD, per recarsi a Genova all'imbarco, salutato dalla moglie. Come se si fosse trattato di andare a fare una gita a Venezia....
Dal libro di Fantin - K2 Sogno Vissuto, l'attrezzatura fotografica comprendeva una cinepresa 35mm di ben 4 kili di peso, ad ottiche intercambiabili con disco rotante, una da 16mm, sempre ad ottiche intercambiabili, una Zeiss Contax con svariati obiettivi ed una Rolleiflex, la macchina fotografica preferita da Fantin. Che nel suo libro a pag 91 si autoritrae, bardato con la tuta d'alta quota, mentre appunto impugna la Rollei.
Da notare che uno dei manifesti del film mostra Lacedelli e Compagnoni insieme sulla vetta: chiaramente un fotomontaggio delle due foto separate.
Infine tra tutte le case che parteciparono all'impresa con i propri prodotti, e la sfruttarono poi commercialmente il marchio K2 con le loro 'reclame' si segnalano solo i proiettori Microtecnica di Torino e la Ferrania per le pellicole.
Pierpaolo
---
ricordo di Lino all'Alpe di Mondeval nel 2003, con mia moglie Anna e i miei nipotini Paolo e Marco, ripresi con l'immancabile Leica Mini
Si vedono comunque anche delle Super Ikonta 6x9.
Il fotografo ufficiale della spedizione era Mario Fantin, che curò anche il famosissimo film - Italia K2 - che il CAI proiettò lungo nelle sue sedi, anche per recuperare le spese di una spedizione durata ben 5 mesi, questi erano i tempi di allora di una vera avventura. Da ricordare che questo film fu il primo, in assoluto, girato oltre la fatidica quota di ottomila metri. Compagnoni, per filmare la vetta si congelòle mani, e poi fece una causa al CAI sostenendo che il film era riuscito solo per le sue riprese. Abbandonato dai compagni, anche a causa del patto di disciplina cui ho accennato prima, perse anche la causa. E Lino mi fece vedere una sua foto che lo ritrae alla vecchia stazione di Cortina, mentre sale sull'autobus della SAD, per recarsi a Genova all'imbarco, salutato dalla moglie. Come se si fosse trattato di andare a fare una gita a Venezia....
Dal libro di Fantin - K2 Sogno Vissuto, l'attrezzatura fotografica comprendeva una cinepresa 35mm di ben 4 kili di peso, ad ottiche intercambiabili con disco rotante, una da 16mm, sempre ad ottiche intercambiabili, una Zeiss Contax con svariati obiettivi ed una Rolleiflex, la macchina fotografica preferita da Fantin. Che nel suo libro a pag 91 si autoritrae, bardato con la tuta d'alta quota, mentre appunto impugna la Rollei.
Da notare che uno dei manifesti del film mostra Lacedelli e Compagnoni insieme sulla vetta: chiaramente un fotomontaggio delle due foto separate.
Infine tra tutte le case che parteciparono all'impresa con i propri prodotti, e la sfruttarono poi commercialmente il marchio K2 con le loro 'reclame' si segnalano solo i proiettori Microtecnica di Torino e la Ferrania per le pellicole.
Pierpaolo
---
ricordo di Lino all'Alpe di Mondeval nel 2003, con mia moglie Anna e i miei nipotini Paolo e Marco, ripresi con l'immancabile Leica Mini
Grazie Pierpaolo, veramente un bell'omaggio alla memoria di un grande. Incredibilmente ho una foto recente (settembre 2009) della Cima Scotoni, da cui è iniziata la sua fama, ripresa proprio con uno Zeiss Novar (però su 6X6)

Saluti
Marco

Saluti
Marco
batmar
- albertograia
- Messaggi: 37
- Iscritto il: lun ott 26, 2009 12:32 am
- Contatta:
Graze Pierpaolo racconto molto interessante,non ho capito bene pero' se effettivamente c'e' stata un'incomprensione tra Lacedelli-Compagnoni vs Bonatti,oppure e'stato fatto di proposito.


il posizionamento della tenda, fatto centrale della querelle, è parso inizialmente una incomprensione, poi Bonatti ha affermato che fu fatto di proposito, per non essere costetti a dividere la piccola tendina in quattro, cosa che avrebbe potuto compromettere il recupero delle forze in vista della giornata decisiva. Inoltre un altro elemento decisivo consisteva nel fatto che Compagnoni era il più vecchio del gruppo e molto affaticato, mentre Bonatti, il più giovane, sembrava dotato di energie inesauribili.
Lacedelli nel suo libro del 2004 afferma senza mezzi termini che fu Compagnoni a voler posizionare la tenda dietro uno sperone di roccia, invisibile dal basso: è probabile che temesse di essere esautorato dalla migliore condizione fisica di Bonatti e pertanto dovesse rinunciare alla vetta. Certo Compagnoni in questo caso sareebe ricaduto nell'anonimato della vita di guida e non sarebbe poi divenuto un 'eroe' nazionale.
Quando Bonatti giunse al punto convenuto si mise ad urlare, e solo quasi al buio di colpo comparve Lcedelli che gli intimò di lasciare le bombole e di tornare in basso. Poi il nulla.
Infine, per meglio comprendere i risvolti della vicenda, ricordo che tutto l'episodio si svolse ad ottomila metri di quota, con persone stravolte dalla fatica e col cervello sicuramente annebbiato per la mancanza di ossigeno, che oltretutto modifica pesantementei i risvolti caratteriali.
Salire un ottomila era e rimane il sogno di qualunque alpinista (Bonatti non c'è mai riuscito), nel 1954 era poi un fatto per pochissimi (allora da contare sulle dita di una mano) in tutto il mondo: naturale che sorgesse una forte competizione, purtroppo trascesa al limite dell'accettabile.
Pierpaolo
-----------
per chi vuole approfondire l'intricata ma appassionante questione:
Lino Lacedelli e G.Cenacchi - K2 IL PREZZO DELLA CONQUISTA -Mondadori 2004
W.Bonatti - K2 LA VERITA' BeC 2003 (ne esistono diverse ristampe, sempre più aggiornate, per Bonatti una vera ossessione)
Lacedelli nel suo libro del 2004 afferma senza mezzi termini che fu Compagnoni a voler posizionare la tenda dietro uno sperone di roccia, invisibile dal basso: è probabile che temesse di essere esautorato dalla migliore condizione fisica di Bonatti e pertanto dovesse rinunciare alla vetta. Certo Compagnoni in questo caso sareebe ricaduto nell'anonimato della vita di guida e non sarebbe poi divenuto un 'eroe' nazionale.
Quando Bonatti giunse al punto convenuto si mise ad urlare, e solo quasi al buio di colpo comparve Lcedelli che gli intimò di lasciare le bombole e di tornare in basso. Poi il nulla.
Infine, per meglio comprendere i risvolti della vicenda, ricordo che tutto l'episodio si svolse ad ottomila metri di quota, con persone stravolte dalla fatica e col cervello sicuramente annebbiato per la mancanza di ossigeno, che oltretutto modifica pesantementei i risvolti caratteriali.
Salire un ottomila era e rimane il sogno di qualunque alpinista (Bonatti non c'è mai riuscito), nel 1954 era poi un fatto per pochissimi (allora da contare sulle dita di una mano) in tutto il mondo: naturale che sorgesse una forte competizione, purtroppo trascesa al limite dell'accettabile.
Pierpaolo
-----------
per chi vuole approfondire l'intricata ma appassionante questione:
Lino Lacedelli e G.Cenacchi - K2 IL PREZZO DELLA CONQUISTA -Mondadori 2004
W.Bonatti - K2 LA VERITA' BeC 2003 (ne esistono diverse ristampe, sempre più aggiornate, per Bonatti una vera ossessione)
nel 2004, in occasione del Cinquantenario della scalata, gli Scoiattoli hanno ripetuto la salita del K2 ( e Lino è arrivato sino al Campo base, anche se parzialmente in elicottero)e poi effettuata una proiezione a Cortina di straordinaria bellezza: immagini prese con una fotocamera digitale (più esatto sarebbe dire con tutta una serie di fotocamere) e poi proiettate al massimo livello. So che si trattava di apparecchiature Nikon, cui venivano sotituite le batterie in continuazione. Non so francamente quanto siano state elaborate o meno, in quanto avevano appaltato tutto il lavoro di presentazione ad una ditta esterna, e nessuno ne sapeva più di tanto.
I problemi comunque ruotano intorno agli eventuali colpi e botte e al freddo: ricordo che anche Fantin lamentava la rottura della pellicola oltre determinate quote e con temperature inferiori ai -25 costanti.
Pierpaolo
I problemi comunque ruotano intorno agli eventuali colpi e botte e al freddo: ricordo che anche Fantin lamentava la rottura della pellicola oltre determinate quote e con temperature inferiori ai -25 costanti.
Pierpaolo
- Oskar Barnack
- Messaggi: 256
- Iscritto il: gio mar 01, 2007 12:19 pm
- Località: Roma
Sicuramente non a pellicola vista la fragilità dei supporti sottoposti a freddo intenso ed alle meccaniche di trascinamento molto complesse.batmar ha scritto:Chissà con cosa si fotografa oggi sugli ottomila......
Marco
Probabilmente reflex digitali, con batteria prolungata da un filo e posizionata vicino alla pelle ed ottturatore e resto dela meccanica trattato con lubrificanti speciali.
In futuro, L' eliminazione totale di qualsiasi pezzo meccanico (tranne l' inevitabile ghiera di MAF), inglobando il manufatto in un guscio totalmente impermeabile ed eventualmente usando una lente "semplice" a focale fissa, potrebbe migliorare ulteriormente la robustezza dell' attrezzo.
*********************************
http://www.flickr.com/photos/desiantart/
*********************************
http://www.flickr.com/photos/desiantart/
*********************************
e comunque rimane il fatto che le foto di vetta a 8611 metri sono state fatte da Lino con una Zeiss Ikon Contina a pellicola: semplice, economica e indistruttibile. Scelta dettata anche dalla compattezza ottenuta tramite il ponte levatoio.
Talvolta la realtà, nella sua nuda semplicità, è superiore a qualunque disquisizione tecnica
Pierpaolo
Talvolta la realtà, nella sua nuda semplicità, è superiore a qualunque disquisizione tecnica
Pierpaolo
- Allegati
-
- T0002133.jpg (26.09 KiB) Visto 2678 volte