Anche da parte mia, due righe per presentarmi …

Sezione Principale - Fotografie e Passioni

Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi

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Roberto
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luca rubbi ha scritto: (...) Nella mia vita, sono stato fortemente influenzato in tre passaggi fondamentali, (...)
Anche io sto seguendo questo stesso percorso, solo che io sono ancora fermo alla "fase 3"; ho da poco acquistato e sto studiando "The Americans" e mi si sta aprendo un mondo nuovo, devo dire che sto anche facendo fatica ad inquadrare certe immagini, così scarne, direi quasi anticonformiste. E' un autore dal quale si apre un intero filone, che porta a Garry Winogrand e tanti altri, c'è da studiare per anni...
Ciao
Roberto
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cristian vidmar
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carlo riggi ha scritto:Nonostante la tensione trasgressiva dell'intenzione autoriale, però, è pur vero che le stesse elementari regole valgono per il fruitore più ingenuo come per l'artista più smaliziato. E' giusto quindi conoscerle, e ben vengano le analisi a posteriori come quelle proposte da Mario e da Cristian. A una condizione però: che servano a capire perché un'immagine piace, non per decidere cosa fare per farla piacere...
Come questo pensiero si insinua consapevole nel momento dello scatto, la foto è già da un'altra parte.
Grazie Carlo, i tuoi interventi sono sempre molto interessanti ed appropriati.

Permettimi di aggiungere una nota. Facciamo attenzione a non cadere nell'errore di pensare che tutta la fotografia sia solo la fotografia colta al volo. Talvolta è frutto di attenta pianificazione. Non posso credere che i fiori di Mapplethorpe non fossero composti con una cura per le proporzioni quasi maniacale. E come sappiamo se Mapplethorpe si è fermato a pensare la foto questa non era già da un'altra parte.

Io sono e resto convinto che gli schemi, i pattern, le soluzioni già sperimentate con successo da noi e dagli altri vadano a formare un arsenale dell'inconscio che poi scaturisce nel momento creativo. Certo neanche Mapplethorpe usava righello e compasso a priori ma sapeva bene quel che faceva, così come Cartier Bresson usava un rigoroso approccio geometrico (ne ha parlato spesso anche nelle interviste) per quanto fosse abbastanza genio da elaborarlo in un attimo. Per me, consciamente o inconsciamente, questi elementi -che siano vettori, volumi, toni o retorica visiva- li usiamo eccome per decidere cosa fare perché una foto piaccia, sia comunemente considerata "bella": solo che quando lo facciamo possiamo non rendercene conto. Se così non fosse scatteremmo tutti come bambini.

Mi piace spesso fare il parallelo con la musica, che mi ha accompagnato per tanti anni prima con gli studi classici e poi con il jazz. Soprattutto con quest'ultimo, i pattern sono fondamentali e tutti (tutti!) hanno costruito sui precedenti a partire dal blues, talvolta innovando in modo dirompente (pensiamo al be-bop). Chiaro, Coltrane non stava a pensare "quale pattern uso a questo punto del mio assolo?" altrimenti il pezzo sarebbe già stato da un'altra parte, come dice Carlo, ma la "geometria" del jazz, la sua personale geometria, la usava eccome. E credo che in tutte le arti sia così, fate un po' voi il parallelo con la letteratura, ad esempio.
Cristian
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marco palomar
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benvenuto
concordo con Alberto, secondo me quelle robe lì con le freccette si percepiscono sul momento, mentre la loro ricostruzione a posteriori mi pare più un giochino che altro: e questo lo credo non solo per la fotografia, ma anche per l'architettura, la letteratura, la musica e qualsiasi altra forma espressiva.
Chi fotografa ha a che fare con una materia ribollente e magmatica, a maggior ragione chi fotografa come Koudelka, e anche se si mettesse tutta la giornata col cavalletto non avrebbe tempo di analizzare-schematizzare-scegliere tra una infinità di opzioni diverse.
Ovviamente fanno eccezione alcune modalità di costruzione dell'immagine estremamente semplici e gestibili.
ma guarda un po'
mario zacchi
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Grazie per il benvenuto :-)
marco palomar ha scritto:secondo me quelle robe lì con le freccette si percepiscono sul momento, mentre la loro ricostruzione a posteriori mi pare più un giochino che altro: e questo lo credo non solo per la fotografia, ma anche per l'architettura, la letteratura, la musica e qualsiasi altra forma espressiva
Hai appena buttato nel cestino qualsiasi forma di indagine e di formazione-codifica della conoscenza :grin:
Mica male in una frase ;-)

Tanto per parlare ...

Mi sa che abbiamo finito per prendere troppo alla lettera "uno" dei modi che abbiam per indagare sul perché certe immagini non funzionano oppure funzionano. Certo non l' unico: non l' unico in generale e non l' unico all' interno di una stessa foto (viewtopic.php?f=1&t=1052&start=510 fotogramma 3 di Luca - non c' è forse geometria ? non c' è forse altro oltre la geometria ?).

Chi ha a che fare con il ribollire della realtà da fissare in un fotogramma non agisce a caso (come metodo, non come evento causale - leggi k..o); agisce sulla base di ciò che la mente gli suggerisce: impostazioni. Certo che non misura in divenire: è impossibile. Le ha dentro e quando ciò che gli si para di fronte collima con quello che ha dentro ... click. Se gli chiedi: ci pensi prima? Secondo me ti dice: no! Perché in realtà non lo sa nemmeno lui per davvero, tanto è diventato istintivo. Ma l' istinto si è formato da qualcosa. Per qualcuno si forma inconsciamente (in realtà si tratta di esperienza); per altri si forma studiandoci su. Studiarci non significa necessariamente poi emulare (pure se è quasi un passaggio scontato inizialmente). Significa assorbire, meditare, metabolizzare ... e poi quel dimenticare che si è detto e che serve a far si che la conoscenza lavori, come dire, a nostra insaputa producendo anche (qualche volta) una sintesi diversa dalla semplice somma degli ingredienti di base. Poi ci sarà anche chi-fa-così-perché-così-piace ... per esempio chi le foto le deve vendere (pubblicitario): lo possiamo biasimare?

In definitiva ho qualche dubbio sul fatto che un grande (qualunque campo) sia tale solo per nascita. Ho qualche dubbio sul fatto che senza approfondire ciò che già esiste, cio che già si conosce (a prescindere dal metodo che può sempre essere aggiornato e migliorato) non si rischi di essere gli ennesimi che scoprono l' acqua calda ;-)
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carlo riggi
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Giuseppe Mosconi ha scritto:piuttosto di modalità di lettura della foto in se.
E' vero, caro Giuseppe, sono regole ortografiche che consentono una corretta lettura dell'immagine.
Ma bisogna dire, giusto per il piacere di discutere, che queste modalità non sono sufficienti perché non tengono conto davvero di tutte le forze in gioco.
I vettori che abbiamo visto utilizzati in questo thread rappresentano le dinamiche interne agli elementi che ci sono, ma non dicono nulla di ciò che non c'è e che pure grava in modo significativo sulla percezione dell'immagine, e con un peso specifico talvolta superiore.
Spostiamoci su un altro campo. Supponiamo di voler fare un esame fonetico, metrico, volumetrico e semantico di questa poesia ermetica che ho appena composto.
La recito per voi:


_________________________ A Z Z O__________________________


Possiamo scomporre il testo in blocchi, individuare un unico volume, o due volumi sillabici, individuare un vettore rettilineo orizzontale sinistra->destra, incrociarlo con un breve movimento verticale, definire le forze gravitazionali centrifughe e centripete, a stringere sulle zeta o ad espandersi da esse verso le vocali periferiche.
O ancora, se invece la mia poesia fosse un acronimo (che so, un avviso turistico: ATTENZIONE ZONA ZERO OSPITALE), i segni vettoriali diventerebbero allora 4 punti. E così via.

Ma su tutto questo prevarrà sempre e comunque la "parte mancante", quella prima lettera che la nostra esperienza collocherà automaticamente a configurare una gestalt nota.
Questa lettera mancante definirà l'intero contesto, mutandone radicalmente il significato a seconda che sia una P, una C o una R...
Non solo. Modificherà pure il valore delle singole parti. La R, per esempio, farà sì che le zeta diventino dolci (sonore), mentre le altre consonanti le manterranno dure (la C anche in senso bossiano...).

Ecco, bene la lettura dell'immagine, benissimo le regole della percezione visiva. Ma in una fotografia è tanto importante quel che c'è quanto quel che non c'è, o è appena fuori campo. Ed è altrettanto importante il peso specifico di ciascun elemento (quel che Luca chiama energia).
Di tutto questo, l'analisi strutturale stenta a dar conto.

Basta così. In un forum appena appena serio a questo punto mi avrebbero già bannato.

Ciao
Carlo
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mauro ruscelli
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Non ci contare Carlo, tutto cio' e bellissimo :D :D
E mi sta appassionamdo davvero, oltre che spingermi, gioisamente, verso una macchina fotografica.
:lol: :lol:
Mauro

Instagram: @mauroruscelli
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cristian vidmar
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carlo riggi ha scritto: Ecco, bene la lettura dell'immagine, benissimo le regole della percezione visiva. Ma in una fotografia è tanto importante quel che c'è quanto quel che non c'è, o è appena fuori campo. Ed è altrettanto importante il peso specifico di ciascun elemento (quel che Luca chiama energia).
Di tutto questo, l'analisi strutturale stenta a dar conto.
Certo, forma e materia (o contenuto). Qui si parlava di forma, certo non si voleva negare la materia. Altrimenti non ci sarebbe sostanza.

Credo che per un messaggio di benvenuto siamo partiti abbastanza per la tangente, io torno a fare fotine alle mie bambine. Carlo, se ti bannano vengo con te! :lol:
Cristian
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Giuseppe Mosconi
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carlo riggi ha scritto:
Giuseppe Mosconi ha scritto:piuttosto di modalità di lettura della foto in se.
E' vero, caro Giuseppe, sono regole ortografiche che consentono una corretta lettura dell'immagine.
Ma bisogna dire, giusto per il piacere di discutere, che queste modalità non sono sufficienti perché non tengono conto davvero di tutte le forze in gioco.
...

Ecco, bene la lettura dell'immagine, benissimo le regole della percezione visiva. Ma in una fotografia è tanto importante quel che c'è quanto quel che non c'è, o è appena fuori campo. Ed è altrettanto importante il peso specifico di ciascun elemento (quel che Luca chiama energia).
Di tutto questo, l'analisi strutturale stenta a dar conto.

Basta così. In un forum appena appena serio a questo punto mi avrebbero già bannato.

Ciao
Carlo
Carlo, per me le regole ortografiche sono già un passo avanti rispetto al "mi piace / non mi piace", e sono coscente che iniziare a leggere è solo l'inizio.

L'importanza di ciò che una fotografia può far evocare con ciò che si vede ma sopratutto con ciò che si immagina, ad ognuno di noi in modo diverso, mi mette di fronte al mio limite emotivo sepolto. Ho bisogno di tempo e calma per poterlo far emergere e in questo periodo faccio molta fatica anche per altre cose più terrene.

Tu hai alzato l'asticella di un bel paio di spanne !!! Almeno a me.
"Vorrei vedere in esse l'urgenza dello scatto, la necessità fisiologica dell'esserci, la frenesia nel respirare l'attimo, la furia di voler partecipare all'anelito di vita del pianeta."

http://www.flickr.com/photos/gimo/
R.dox
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carlo riggi ha scritto:...Ma in una fotografia è tanto importante quel che c'è quanto quel che non c'è, o è appena fuori campo. Ed è altrettanto importante il peso specifico di ciascun elemento (quel che Luca chiama energia).
Di tutto questo, l'analisi strutturale stenta a dar conto.
Questa me la scrivo Carlo... altro che no =D>
Riccardo
riccardox.2@libero.it

I work by impulse. No philosophy. No ideas. Not by the head but by the eyes.
Instinct is the same as inspiration.

Manuel Alvarez Bravo
mario zacchi
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La forma è la stessa. Il contenuto (cioè il messaggio)?

Può essere un passo avanti circa il decidere se l' analisi, l' apprendimento
e l' impiego (più o meno consapevole) di strutture formali (quali che siano le loro caratteristiche)
ha un' utilità e, nel caso, in che senso lo possa avere?
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carlo riggi
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mario zacchi ha scritto:La forma è la stessa. Il contenuto (cioè il messaggio)?
In sostanza, mi pare che tu abbia lasciato intatta la struttura vettoriale sottraendo all’immagine alcune informazioni semantiche. Il risultato apparentemente non cambia rispetto alle dinamiche di lettura e alla scansione visuale delle masse, ma cambia moltissimo rispetto al rapporto con “ciò che non c’è”. Non è solo un problema di contenuto, diventa anche un problema di forma nel momento in cui i significati agiscono su due delle leggi che ricordavo in precedenza: la pregnanza e l’esperienza passata.
La nuova immagine trasfigurata può anche mantenere i significati della precedente. Vi si può riconoscere la forma del Cristo, il segno della croce... Ma potrebbe anche essere completamente travisata: potremmo per esempio vederci una signora di Napoli che, nell’atto di gettare un sacchetto, inveisce di fronte a un cumulo di spazzatura. Questa nuova immagine amplia le prospettive di contesto: verso chi sta inveendo la signora? Chi è l’interlocutore? Cosa succederà di lì a poco?.. Tutti aspetti che, ancora una volta, riguardano ciò che non c’è.

Ritorniamo all’esempio della poesia ermetica. Riduciamo anche qui le informazioni. La poesia diventa:


____________________________ Z Z O__________________________


Cosa succede? Succede che le potenzialità di significazione si ampliano moltissimo. Mentre prima, AZZO, spingeva verso poche gestalt alternative date dalle iniziali P, C, R, M. Adesso lo stimolo si apre a tutta una serie di potenziali significati. La forma mentale può configurarsi come: mezzo, pezzo, pozzo, sozzo, rozzo, pizzo... più, ovviamente, i significati precedenti.
Più lo stimolo (il testo, l’immagine) diventa insaturo più amplia le proprie derive interpretative.

Ma fino a che punto? L’insaturità amplia la gamma interpretativa ma riduce proporzionalmente l’efficacia definitoria dello stimolo. C’è una soglia oltre la quale l’insaturo diventa confusione e la mente non è più stimolata al pensiero ma resta intrappolata nella indeterminatezza.

Sottraiamo ancora informazioni alla mia poesia. Essa adesso diventa:



_______________________________ Z O__________________________


Il testo, espandibile in ogni senso, ha perso fatalmente ogni capacità evocativa. L’eccesso di libertà interpretativa ha soffocato l’attivazione del pensiero, tanto quanto avrebbe fatto un testo ipersaturo (“pornografico” nel mio gergo) in cui ogni cosa è data in partenza. Nell’uno e nell’altro caso il testo (la foto) perde la propria valenza creativa e la fruizione diventa frustrante e immobilizzante.
L’autore, a mio parere, deve imparare a muoversi in quest’area di mezzo, “transizionale” e creativa, tra il troppo saturo e il troppo insaturo. Senza eccedere nell’uno o nell’altro.

Grazie per gli interessanti spunti.

Ciao
Carlo
FranzPisa
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Beh, ne approfitto pure io per presentarmi: sono Francesco, pisano classe 1967, stazzo poco meno di 1.90 per poco più di 100 chiletti. Anni di pellicola e camera oscura per poi passare armi e bagagli al digitale (cause di forza maggiore), canonista e fan di Luca Rubbi, lo dichiaro e qui la tronco.

Mi volevo inserire nel discorso con una patetica chiosa: secondo me avete ragione tutti, non dite affatto cose contraddittorie ma semplicemente parlate della stessa cosa allo stesso modo con diversi punti di vista. Per base culturale, esperienza, capacità e chissà che altro.

Vi faccio un parallelo: a tutt'oggi pratico il judo, quello tradizionale. Il percorso formativo è quello tipico di un'arte: la tecnica di base che via via si raffina, i principi basilari in cui la tecnica si scompone e per cui trova efficace applicazione, la filosofia (il "do") ed il metodo. Sostituite i termini e vi torna tutto, compreso il fatto che è roba che va saputa e studiata. E praticata.

Ci mettiamo io e Luca Rubbi a fotografare lo stesso soggetto, lui fa un mezzo capolavoro io un mezzo cesso.

Ci mettiamo come ieri sera sul dojo, un "aggressore" con bastone e poi a turno io e Luca (scherzo) a prendersi una bastonata in capo. Lui al 99% mette un braccio a ripararsi, prima si fa spezzare il braccio e poi la testa. Fatelo a me, vediamo che succede.

Io ho alle spalle anni di studi, di insegnamenti teorici e pratici. So benissimo cosa sono tsukuri, kuzushi e kake. Ma è solo l'avanzare delle cose che mi fa riconoscere tsukuri e capire se devo adattargli un kuzushi oppure se è kuzushi che me la regala. Poi arriva kake e son dolori. Anni e anni in cui niente è lasciato al caso. Oggi lavoro di istinto, è energia, kime. Per dire che secondo me nemmeno i fiori di Mapplethorpe erano progettati. Quando ha premuto il tastino (sempre che l'abbia fatto lui) sono pronto a scommettere che la sua testa era già volata a pascolare altrove...

E visto che la mia base teorica latita io vi leggo volentierissimo, imparo e spero prima o poi di poter dimenticare :-)
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carlo riggi
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FranzPisa ha scritto:stazzo poco meno di 1.90 per poco più di 100 chiletti. ... a tutt'oggi pratico il judo, quello tradizionale.
Con questi presupposti sarebbe difficile darti torto. ;-)

Scherzo! Ben arrivato e grazie per il tuo contributo.

Ciao
Carlo
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luca rubbi
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Ciao Francesco, benvenuto su PhotoBit e...
grazie!

:-) :) :smile:

Luca
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GIALLO
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FranzPisa ha scritto:stazzo poco meno di 1.90 per poco più di 100 chiletti. a tutt'oggi pratico il judo

prendersi una bastonata in capo.

Fatelo a me, vediamo che succede.
Fossi matto.
FranzPisa ha scritto:
Poi arriva kake e son dolori.
Ecco, appunto. Meglio un caffè.

Benvenuto!
Γηράσκω δ' αεί πολλά διδασκόμενος

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