Le foto sbagliate...

Sezione Principale - Fotografie e Passioni

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Nikita
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Per me è questa.

nik
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carlo riggi
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mario zacchi ha scritto: … quando si può parlare davvero di foto sbagliata? Le foto che avete pubblicato e i commenti che avete scritto, anche solo fin qui, offrono di che pensare.
Mario, io penso che questo thread possa ospitare foto che per qualche motivo hanno lasciato un senso di insoddisfazione, un rammarico. Non sbagliate abbastanza da liberarcene e non buone abbastanza da proporle. E' un'occasione per trasmettere emozioni confezionate in involucri valutati come non degni di essere pubblicati.
Poi, e lo stiamo vedendo, alcuni di noi valutano con troppa severità scatti che, pur non aderenti al progetto originario, mantengono una grande potenza evocativa. E' il caso dell'ultimo di Nikita, che a me piace un sacco.
Talvolta le nostre cose migliori - non solo in fotografia - restano imprigionate in matasse di pudore...

Ciao
Carlo
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Giuseppe Mosconi
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mario zacchi ha scritto:So che la domanda può suonare oziosa e polemica e che rischia di porre la questione in termini tali per cui ciascuno potrebbe rigirare qualunque schifezza per darle (o ridarle) dignità di “buona foto”. Ma … quando si può parlare davvero di foto sbagliata? Le foto che avete pubblicato e i commenti che avete scritto, anche solo fin qui, offrono di che pensare.
Non riesco a rispondere al tuo quesito in modo diretto. Potrei dire che una buona foto è quella che: rispetta i canoni (diversi) della composizione, è tecnicamente corretta, ha un centro di interesse evidente, ecc.. Ma non sempre le belle o buone foto rispecchiano questi elementi di classificazione, anzi spesso non li rispettano per niente. E allora come si fà ??? Per restare alle foto postate (almeno finora) la motivazione a farle saltar fuori è stata prevalentemente emotiva, non certo la volontà di tirar fuori qualsiasi cosa per il puro intento di farsi notare con qualcosa di strampalato, ma giustificabile e in linea con la 3d (cosa che ho riscontrato invece in altre 3d generali quali mosso, elogio delle varie focali, occhi chiusi, ecc).

Ancora l'emotività che è anche alla base del successo di alcune foto "non buone" ma famose. Mi ripeto: e allora come si fà ???

Mi sovviene di girarti una diversa domanda, non per eludere la tua, ma per cercare di capire anche il tuo pensiero: Ma a te queste foto che effetto hanno fatto?
"Vorrei vedere in esse l'urgenza dello scatto, la necessità fisiologica dell'esserci, la frenesia nel respirare l'attimo, la furia di voler partecipare all'anelito di vita del pianeta."

http://www.flickr.com/photos/gimo/
Marco Pampaloni
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anche a me piace molto quella di Nikita.
"i should have never switched from whiksey to martinis". H.Bogart
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albertospa
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Colgo l'occasione per salutare tutti. Erano anni che non frequentavo questo forum e da qualche tempo mi era tornata la voglia di tornarci. Avevo dimenticato, causa la mia incostanza e pigrizia, quanto fosse interessante e stimolante.
Complimenti agli autori delle foto "sbagliate". Ne facessi io di foto sbagliate così. Mi piace molto quella di Nik, comunicativa, con lo sguardo sfocato che guarda in camera e quello a fuoco che vaga fuori campo.
E' vero quello che scrive Carlo (foto imprigionate nel pudore). Purtroppo spesso facciamo il contrario sbandierando foto che solo l'autore giudica capolavori. Ma la foto deve soddisfare chi l'ha fatta o chi la guarda?
a presto.
Ciao. Alberto
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Beppe
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Carlo, discussione e argomento interessantissimi. Proprio oggi osservavo una foto del 1938 di Joyce fatta da Gisele Freund, mossa da far paura e praticamente composta alla bell'e meglio, e mi domandavo se lo spessore di quella ripresa dipendesse da quello del soggetto, dal fotografo o dal valore testimoniale della stessa.

personalmente, di capolavori di tal fatta ne ho piene cartelle e pergamini. Le conservo tutte o quasi, non perchè ne sia affezionato in qualche modo, non riesco neanche a farlo con quelle poche che mi soddisfano, ma perchè dovrebbero servire a evitare di ricadere in errore dopo ripetute analisi delle stesse e delle situazioni da cui sono scaturite. Ma alla fine non servono neanche a quello.


l'ho incrociato all'entrata della stazione che armeggiava nel il suo bagaglio con entrambe le mani e con la sigaretta incollata alle labbra, e gli ho ronzato intorno mentre il tempo diventava sempre più breve tra me e il mio treno. Milano Centrale, fiumi di persone ad andare ed altrettante di ritorno. Finchè non s'è fermato all'ingresso del suo binario, molto lontano dal mio. Un solo scatto, senza mirino, senza controllare nè tempi nè profondità, con l'angosciante colonna sonora dell'annuncio del mio treno che stava per chiudere le porte.

Immagine

riuscire a prendere il treno al volo è stata l'unica cosa che ho potuto recuperare da tutta questa situazione
'la fotografia è alla fine un problema di equilibri molto sottili ' (L. Ghirri)

il blocchetto degli appunti
Marco Bottazzi
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Scusate ma di cosa stiamo parlando? Una foto può anche essere perfetta ma non trasmettere un bel niente.
E un'altra essere imperfetta ma emozionante.
Non so cosa darei per aver scattato la prima foto di Carlo e l'avrei fatta vedere subito senza indugio.
Aggiungo siamo proprio sicuri che senza quel micromosso sarebbe stata così meglio? Avrebbe avuto lo stesso cuore?
Ed il ritratto "granuloso" di Emiliano? Non aggiunge ancor più intimità la sua imperfezione?

Mi dispiace ma personalmente me ne frego se lo scatto non è perfetto ma comunque mi trasmette qualcosa.
La fotografia non ci avrebbe regalato certi capolavori di Cartier-Bresson o di Robert Frank (senza parlare di Robert Capa o Paolo Pellegrin per esempio) se questi avessero fatto autocensura solo perchè la foto non era perfetta.
Quindi per quel che mi riguarda se una tua foto ti trasmette qualcosa, racconta veramente qualcosa di quello che se tu e hai visto, anche e soprattutto nella sua imperfezione, beh quello è il limite e non avere nessuna remora nel mostare la foto.

Così la penso io.
Marco
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carlo riggi
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Marco Bottazzi ha scritto: Quindi per quel che mi riguarda se una tua foto ti trasmette qualcosa, racconta veramente qualcosa di quello che se tu e hai visto, anche e soprattutto nella sua imperfezione, beh quello è il limite e non avere nessuna remora nel mostare la foto.

Così la penso io.
E così la penso anch'io.
Però non sarei sincero fino in fondo con me stesso.
Non mi riferisco tanto al fatto che un elemento imprevedibile abbia conferito alla nostra immagine una forza superiore a quella previsualizzata, per me questo accade costantemente: io aspetto sempre che un'immagine, una volta "sviluppata" mi sorprenda...
Penso piuttosto a fattori che, nella nostra percezione, sono da considerare "errori" a tutti gli effetti.
Sono d'accordo con te che gli "errori" hanno fatto la storia della fotografia. Ma ce ne sono alcuni che tradiscono un preciso intento del fotografo, non sono frutto del caso ma di imperizia.
Io quel bambino lo volevo fermo e inciso nel fotogramma, perché era proprio quella sua fissità stupita che mi aveva impressionato. In tanti altri casi non m'importa del mosso o di altri accidenti, ma lì era parte costitutiva della mia previsualizzazione. Avere sbagliato in quel fondamentale mi porta a considerare l'immagine una foto mancata, con rimpianto.
Le riconosco però di mantenere una valenza emotiva, il che non mi permette di cestinarla, ma neppure di "pubblicarla". E' rimasta in un limbo. Ce ne sono tante di foto così nei cassetti dei fotografi. Questo thread si propone di dar loro caritatevole spazio. E anche discutere, come stiamo facendo, del ruolo del "caso" e dell'"errore" in fotografia.

Ciao
Carlo
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Giuseppe Mosconi
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carlo riggi ha scritto:
Marco Bottazzi ha scritto: Quindi per quel che mi riguarda se una tua foto ti trasmette qualcosa, racconta veramente qualcosa di quello che se tu e hai visto, anche e soprattutto nella sua imperfezione, beh quello è il limite e non avere nessuna remora nel mostare la foto.

Così la penso io.
E così la penso anch'io.
Però non sarei sincero fino in fondo con me stesso.
Non mi riferisco tanto al fatto che un elemento imprevedibile abbia conferito alla nostra immagine una forza superiore a quella previsualizzata, per me questo accade costantemente: io aspetto sempre che un'immagine, una volta "sviluppata" mi sorprenda...
Penso piuttosto a fattori che, nella nostra percezione, sono da considerare "errori" a tutti gli effetti.
Sono d'accordo con te che gli "errori" hanno fatto la storia della fotografia. Ma ce ne sono alcuni che tradiscono un preciso intento del fotografo, non sono frutto del caso ma di imperizia.
Io quel bambino lo volevo fermo e inciso nel fotogramma, perché era proprio quella sua fissità stupita che mi aveva impressionato. In tanti altri casi non m'importa del mosso o di altri accidenti, ma lì era parte costitutiva della mia previsualizzazione. Avere sbagliato in quel fondamentale mi porta a considerare l'immagine una foto mancata, con rimpianto.
Le riconosco però di mantenere una valenza emotiva, il che non mi permette di cestinarla, ma neppure di "pubblicarla". E' rimasta in un limbo. Ce ne sono tante di foto così nei cassetti dei fotografi. Questo thread si propone di dar loro caritatevole spazio. E anche discutere, come stiamo facendo, del ruolo del "caso" e dell'"errore" in fotografia.

Ciao
Carlo
... e anch'io l'ho intesa in questo senso. Certe volte la fretta, l'imperizia, una intenzionalità non supportata fino in fondo possono portare ad "atti mancati". E' comunque un risultato diverso da quello che ci eravamo prefissati di ottenere e se siamo onesti fino in fondo con noi stessi la foto "non è buona". Resta assolutamente valido il discorso emozionale, ma è diverso da quello inizialmente voluto e siamo di fronte ad una sorpresa piacevole anzichè ad un errore da cestinare. Se questa 3d potrà restare in questo sentire comune credo che ne vedremo delle "BELLE" !!!
"Vorrei vedere in esse l'urgenza dello scatto, la necessità fisiologica dell'esserci, la frenesia nel respirare l'attimo, la furia di voler partecipare all'anelito di vita del pianeta."

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R.dox
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Acros - SL2 - Summicron90, vuoi per la luce (poca, pessima e davanti al soggetto), vuoi per il resto, oggettivamente era difficile trarre/sperare in qualcosa di buono... mi sono fatto lo stesso un rullino, anche perchè senza scattare con una macchina tra le mani non ci so proprio stare... questa è la più decente della serie...

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Riccardo
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I work by impulse. No philosophy. No ideas. Not by the head but by the eyes.
Instinct is the same as inspiration.

Manuel Alvarez Bravo
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Roberto
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Iscritto il: ven feb 20, 2009 2:46 pm
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Mi sono reso conto che scegliere una foto sbagliata mi è stato difficile. Ma solo perchè ho l'imbarazzo della scelta, non per altro... :cry: L'inquadratura è approssimativa (scattata senza portare la macchina all'occhio) e la mano della signora con il ventaglio impalla il volto della signora che sta dietro (che comunque non è il soggetto principale della foto). Nonostante tutto ciò la foto non riesco a cestinarla, perchè l'espressione della suora a sx mi sembra particolare e ben colta.
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Ciao
Roberto
mario zacchi
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Iscritto il: ven nov 05, 2010 6:12 pm
E’ probabile che tutti, più o meno, condividiamo un percorso simile: decidiamo di scattare una foto. Dopo averla scattata la guardiamo “finita” e ne elaboriamo, a livello personale, un valore. Se la consideriamo meritevole di appartenere ai nostri scatti, vuol dire che ci crediamo; vuol dire cioè che, per una certa parte, ci rappresenta.

E’ sbagliata, allora se non è a fuoco? Se non è esposta perfettamente? Se non è precisa come l’ avevamo pensata? Se …. Non credo. Credo che nella fase successiva allo scatto viviamo un momento in cui sovrapponiamo all’ immagine ottenuta l’ immagine del nostro pensare, per verificare se e quanto le due figure combaciano. E siccome sovrapponiamo proprio "l' immagine ottenuta" e non solo la sua idea pregressa, quella che è balenata al momento di scattare o nel momento in cui abbiamo preparato lo scatto, è possibile che scopriamo, in quell' immagine, anche qualcosa in più; qualcosa che, da prodotto, per certi versi magari involontario, contaminato, diventa nuova base attraverso cui vedere e produrre.

Credo perciò che la storia di una singola foto non sia rilevante se non nel quadro dell’ insieme formato da tutto ciò che combacia o non combaci col nostro pensare (che è, come detto, un divenire che si alimenta anche dei risultati) perché è questo che ne definisce davvero il peso ed il ruolo. Come dicevo nel primo post, si tratta evidentemente di un discorso pericoloso per il rischio di autocompiacimento molto forte. Un giudizio esterno è molto più semplice e "garantito"; e tuttavia è pur sempre riduttivo.

Una curiosità (più che un paragone che sarebbe ardito). Una curiosità per certi versi attinente. Tempo fa ho letto una biografia di Van Gogh (*): molto istruttivo apprendere, tra l 'altro, come la convinzione di essere sulla “strada giusta” ad un certo punto colga l’ uomo, facendone esplodere tutta la carica creativa. Ovviamente si dirà: ma lui era Van Gogh. Certamente … ma a lui, chi l’ aveva detto?

(*) Giordano Bruno Guerri - FOLLIA? - Vita di Vincent van Gogh - I grandi tascabili Bompiani

PS: Giuseppe (Mosconi) mi scuso per il ritardo con cui ti rispondo (e spero di averlo fatto) ma lavoro, famiglia, qualche bega e qualche impegno mi stanno limitando parecchio il tempo libero.
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Roberto
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Località: Brescia
mario zacchi ha scritto: (...) Ovviamente si dirà: ma lui era Van Gogh. Certamente … ma a lui, chi l’ aveva detto? (...)
Non è detto che il genio sia sempre inconsapevole del proprio talento, probabilmente lui ne era conscio. Non saprei... #-o
Ciao
Roberto
bananocrate
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Marco Bottazzi ha scritto:Scusate ma di cosa stiamo parlando? Una foto può anche essere perfetta ma non trasmettere un bel niente.
E un'altra essere imperfetta ma emozionante.
Non so cosa darei per aver scattato la prima foto di Carlo e l'avrei fatta vedere subito senza indugio.
Aggiungo siamo proprio sicuri che senza quel micromosso sarebbe stata così meglio? Avrebbe avuto lo stesso cuore?
Ed il ritratto "granuloso" di Emiliano? Non aggiunge ancor più intimità la sua imperfezione?

Mi dispiace ma personalmente me ne frego se lo scatto non è perfetto ma comunque mi trasmette qualcosa.
La fotografia non ci avrebbe regalato certi capolavori di Cartier-Bresson o di Robert Frank (senza parlare di Robert Capa o Paolo Pellegrin per esempio) se questi avessero fatto autocensura solo perchè la foto non era perfetta.
Quindi per quel che mi riguarda se una tua foto ti trasmette qualcosa, racconta veramente qualcosa di quello che se tu e hai visto, anche e soprattutto nella sua imperfezione, beh quello è il limite e non avere nessuna remora nel mostare la foto.

Così la penso io.
Sono d'accordissimo. Fra l'altro la maggiorparte delle foto presenti qui (quella di Carlo e di Nikita per prime) sono bellissime e traggono forza dall'errore.

Deh, a sto punti ci metto anche una mia, ma non la metto fra le "foto sbagliate che non faccio vedere" ma nelle "foto sbagliate che mi piacciono PERCHE' sbagliate"...

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Vorrei farne altre così...
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Giuseppe Mosconi
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mario zacchi ha scritto:...

Credo che nella fase successiva allo scatto viviamo un momento in cui sovrapponiamo all’ immagine ottenuta l’ immagine del nostro pensare, per verificare se e quanto le due figure combaciano. E siccome sovrapponiamo proprio "l' immagine ottenuta" e non solo la sua idea pregressa, quella che è balenata al momento di scattare o nel momento in cui abbiamo preparato lo scatto, è possibile che scopriamo, in quell' immagine, anche qualcosa in più; ...
Prima di tutto nessuna scusa da presentare, non siamo mica alla catena di montaggio. E grazie della risposta, che però a dirla tutta mi risulta un pò criptata. MI sarebbe semplicemente piaciuto sapere se le foto ti piacciono o no per quello che sono (non la mia per non alimentare iil mio autocompiacimento, ma in generale).
Vado avanti, spero.
Ho estrapolato un punto del tuo ultimo post che mi interessa: il realizzare che la "foto sbagliata" (chiamiamola così per comodità) abbia una sua dignità o interesse è certamente frutto di un confronto tra ciò che abbiamo ottenuto e ciò che era nella nostra mente, una ideazione. Il punto è che alla delusione del non aver saputo realizzare quella idea sopraggiunge, subito o anche dopo del tempo, il dubbio. Se non ho realizzato quello che mi ripromettevo come mai questa foto ha un certo qualcosa che mi attrae? Cos' ha dietro, dentro. Cosa nasconde? Nel mio precedente intervento scrivevo di "atti mancati" che sono delle vere e proprie omissioni di presenza mentale ad azioni che in realtà vogliamo fare ma per le quali ci manca il coraggio, la determinazione, la lucidità e la presenza per compierle. Vengono compiute (nel nostro caso "sbagliando" l'esecuzione da un punto di vista tecnico) ma non ci rendiamo conto di aver operato in tal senso.E' uno scappare dagli schemi e lasciare spazio al nostro istinto più nascosto per tirar fuori delle "opere" alla Van Gogh (vi prego di scusare l'accostamento ma Vincent è già stato menzionato). O semplicemente il fato che ci regala uno scatto recuperabile? Non saprei. Visto il lavoro che faccio forse mi attrae di più la mia più elaborata e forse rocambolesca ipotesi. :grin:
"Vorrei vedere in esse l'urgenza dello scatto, la necessità fisiologica dell'esserci, la frenesia nel respirare l'attimo, la furia di voler partecipare all'anelito di vita del pianeta."

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