[foto] vetro

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cliqueur
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Stefano Tambalo ha scritto:Interessante spiegazione Luca.
Rappresentare la malattia che infesta i nostri tempi tramite oggetti antropomorfi inanimati è tutt'altro che tortuoso come percorso.

Secondo la buona fotografia, nell'editing includeresti tutte quelle proposte?

Grazie.
S.
La più debole è forse l'ultima, tutte le altre hanno un simbolismo omogeneo. Quella con la culla forse è meno evidente, ma c'è.
Il bello è che sono fatte in città e nazioni diverse.
cliqueur
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Grazie Carlo del commento e grazie anche della segnalazione dell'autore. L'ho trovato molto interessante, non solo il "Lido", ma anche il "cimitero diffuso" serie molto ironica.
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Stefano Tambalo
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carlo riggi ha scritto:
Stefano Tambalo ha scritto:Io il gioco di fotografare le vetrine non l'ho mai capito.
Perché lo definisci "gioco"? Forse lo è, ma a me appare un gioco impegnativo (come spesso i giochi), e comunque non meno che fotografare paesaggi, insetti o belle ragazze (tutte cose non realizzate da noi).
L'impegno qui non sta in una particolare difficoltà tecnica, anzi, credo che si tratti di foto "semplici" da questo punto di vista. Piuttosto in una ricerca dolente di una realtà oltre il vetro, certo predisposta da qualcun altro, ma non riprodotta in quanto tale, ma trasfigurata dal vetro che la contiene e la "congela". Metafora di molti rapporti umani odierni.
Vi invito a guardare il lavoro di questo autore: http://www.milkstudio.eu/project/lido/ (scrolla in orizzontale) E' una ricerca seriale, un banale campionario di "opere" realizzate da altri. Ma è nell'insieme che le singole foto acquistano rilevanza, diventando un caleidoscopio che finisce di parlare della singola realizzazione e comincia a parlare di noi.
Il termine "gioco" è usato in modo colloquiale e senza polemica, l'ho precisato appositamente perché non venisse letto come dispregiativo. I giochi, quando fatti bene, sono veramente impegnativi. La difficoltà tecnica non è (non deve essere) un criterio di qualità e le fotografie insulse si fanno a passanti, mari, feste, tette; tanto col banco ottico quanto col cellulare.

Ho visto i lavori, interessanti veramente. Cimitero diffuso - citato da Luca - è quello che mi piace di più. Campionario di "opere" riprodotte con rigore formale che fa emergere immediatamente scopo e oggetto della ricerca. Nelle immagini di Luca non trovo questa forma, non hanno la serialità che lega gli elementi di tutti i projects di milkstudio.
In Lido, lo stimolo visivo "cabina" viene presto ignorato, il focus si sposta sugli interni, trasfigurati in segno di chi le occupa. In Cimitero, l'ambiente viene presto ignorato e si va alla ricerca del mazzolino, sempre al centro del fotogramma. L'ambiente viene trasfigurato, diventa la nicchia in cui quei piccoli altari sono collocati.
In Vetro, a volte relazioni, a volte eserciti, a volte vuoti, a volte scritte, a volte orizzontali, a volte verticali, a volte perpendicolari, a volte oblique. In sette foto. La serialità e la ricerca è guardare attraverso un vetro? Che relazioni cerca Luca? Come le vede? I manichini vogliono uscire dalla gabbia di vetro o ci stanno bene dentro? Ci invitano ad entrare o ci tengono fuori? E noi? Li guardiamo noncuranti, sprezzanti o invidiosi? Le (non)relazioni da rappresentare metaforicamente quali sono e fra chi si instaurano? Tra di loro - noi siamo spettatori - o con noi? Le prime domande che mi passano per la testa.
Singole foto possono essere metafora, possono rispondere a un criterio (il vetro, relazioni pseudoumane) ma l'insieme proposto come ricerca, a cosa risponde? Per questo ho chiesto cosa finirebbe nell'editing. La risposta "le relazioni umane trasfigurate attraverso il vetro" è una metarisposta. Il contenitore non viene trasfigurato e non diventa trasparente: troppo presente per diventare qualcos'altro. Il diaframma stavolta non ha cambiato il modo in cui il soggetto si pone. Non mi basta che siano vetrine, devono essere vetrine fatte in un certo modo. Ipoteticamente il mio modo sarebbe il primo della seconda serie.

tutti pensieri miei e nessuna pretesa di verità, serve ancora specificarlo? no dai...
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carlo riggi
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Stefano Tambalo ha scritto:[
tutti pensieri miei e nessuna pretesa di verità, serve ancora specificarlo? no dai...
Certo che no, ma allora perché lo fai? :)

Tutte considerazioni molto valide.
Io ho apprezzato il lavoro di Luca in quanto ricerca. Non ancora compiuta, evidentemente, ma con una buona idea portante. Penso che i tuoi stimoli lo aiuteranno a indirizzarla con maggiore consapevolezza ed efficacia.
Ultima modifica di carlo riggi il mer mar 04, 2015 5:14 pm, modificato 1 volta in totale.
Ciao
Carlo
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Stefano Tambalo
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carlo riggi ha scritto:
Stefano Tambalo ha scritto:tutti pensieri miei e nessuna pretesa di verità, serve ancora specificarlo? no dai...
Certo che no, ma allora perché lo fai? :)
sono scrupoloso :mrgreen:
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Giuseppe Mosconi
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Stefano Tambalo ha scritto:
carlo riggi ha scritto:
Stefano Tambalo ha scritto:tutti pensieri miei e nessuna pretesa di verità, serve ancora specificarlo? no dai...
Certo che no, ma allora perché lo fai? :)
sono scrupoloso :mrgreen:

Sei scrupEloso ! Una cazzata come le mie solite! :D

Ti ringrazio per aver dato voce hai dubbi che finora mi erano rimasti su questo lavoro di Luca che rispetto, per la ricerca, per l'essersi messo in "gioco" e aperto ai nostri commenti, ma che non sapevo proprio in che modo indirizzare. Forse ha ragione Carlo: aspettare e vedere. Tanti giochi abbisognano di tempo per essere apprezzati !
"Vorrei vedere in esse l'urgenza dello scatto, la necessità fisiologica dell'esserci, la frenesia nel respirare l'attimo, la furia di voler partecipare all'anelito di vita del pianeta."

http://www.flickr.com/photos/gimo/
cliqueur
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Stefano Tambalo ha scritto: In Vetro, a volte relazioni, a volte eserciti, a volte vuoti, a volte scritte, a volte orizzontali, a volte verticali, a volte perpendicolari, a volte oblique. In sette foto. La serialità e la ricerca è guardare attraverso un vetro? Che relazioni cerca Luca? Come le vede? I manichini vogliono uscire dalla gabbia di vetro o ci stanno bene dentro? Ci invitano ad entrare o ci tengono fuori? E noi? Li guardiamo noncuranti, sprezzanti o invidiosi? Le (non)relazioni da rappresentare metaforicamente quali sono e fra chi si instaurano? Tra di loro - noi siamo spettatori - o con noi? Le prime domande che mi passano per la testa.
Singole foto possono essere metafora, possono rispondere a un criterio (il vetro, relazioni pseudoumane) ma l'insieme proposto come ricerca, a cosa risponde? Per questo ho chiesto cosa finirebbe nell'editing. La risposta "le relazioni umane trasfigurate attraverso il vetro" è una metarisposta. Il contenitore non viene trasfigurato e non diventa trasparente: troppo presente per diventare qualcos'altro. Il diaframma stavolta non ha cambiato il modo in cui il soggetto si pone. Non mi basta che siano vetrine, devono essere vetrine fatte in un certo modo. Ipoteticamente il mio modo sarebbe il primo della seconda serie.

tutti pensieri miei e nessuna pretesa di verità, serve ancora specificarlo? no dai...
Interessante, molto interessante.
Ha senso quello che dici Stefano. ha senso l'idea di una maggiore coerenza formale delle diverse immagini. Il problema è la mia sostanziale incapacità di trovare un titolo, quindi ho nuovamente fuorviato, ma ormai è fatta. La serialità - per come la vedo io - non è il vetro in se, ma quello che c'è dietro. Una rappresentazione dell'umanità allo stesso tempo inanimata ed animata in prospettiva. Che siano dietro un vetro mi sembra irrilevante, tanto che tento in tutti i modi di evitare i riflessi.
La costante è ciò che sta dietro il vetro, non che c'è un vetro davanti. I manichini, non sempre sono manichini, sono li e restano li. Metafora inanimata della vita, esistono indipendentemente da noi, non è una gabbia, è il loro mondo. Mi viene in mente la falla spazio-temporale dei romanzi di fantascienza di Poul Anderson.
Le scritte dovrebbero esserci sempre, questo si, perché sottolineano l'artificialità. La vita non ha didascalie esplicite.
La vedo come una finestra su un mondo diverso, il vetro potrebbe è più un diaframma concettuale che divide due mondi.
Quindi non relazioni umane trasfigurate attraverso un vetro, ma relazioni umane trasfigurate tout court. Paradossalmente mi interessa di più la cornice del vetro. E mi interessa decisamente la rappresentazione che c'è dietro, istintivamente cercando l'inquadratura che - secondo me e in quel momento - meglio si adatta alla scena vera e propria.
Ciò che sottolinei rispetto all'orientamento, alla perpendicolarità ed alla obliquità ha senso.
Ma forse non sarebbe la mia ricerca.

Ci penserò. Grazie degli spunti.
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