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Sezione Principale - Fotografie e Passioni

Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi

sante castignani
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Eh, Massimo, se fosse per tutti così, Cesare non avrebbe gli scrupoli che ha.
Tu hai trovato una dimensione ideale, idilliaca, ma in troppi preferiscono la scorciatoia.

Del grande Richard io possiedo invece un solo monumentale volume: "Un'autobiografia", e mi avanza: non sono mai riuscito a sfogliarlo tutto in una volta, tanto è denso di emozione.
Ciao,
Sante
donatellobirsa
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Anche a me è piaciuta molto questa discussione,
e l'autodiagnosi di 1 Cesar a cuore aperto...

La dimensione "idilliaca, ideale" è davvero cosa rara nel reportage, anche se estremamente appagante.

Come lo è, del resto, anche fuori dell'ambito fotografico, quando si incontrano, casualmente, persone speciali, che ti proiettano fuori della dimensione quotidiana.

Oggi, le persone, mi sento di fotografarle, quasi esclusivamente nell'ambito famigliare, oppure i bambini al parco (ma solo perchè ho una figlia di 5 anni, e perchè, in alcuni casi mi "sono lavorato le mamme" :) che non disdegnano affatto di ricevere, prima o poi, qualche ritratto gratis, e che per invogliarmi mi dicono che sono un "artista".

Però, anche qui, l'approccio alla ritrattistica diventa come un approccio alla fotografia di paesaggio, o alla foto naturalistica di animali in libertà, in cui lo scatto significativo avviene, solo quando le condizioni ambientali

- e di luce in primis -

concorrono ad evidenziare un attimo speciale, in cui il ruolo del fotografo si limita alla scelta del punto di vista (la principale libertà da esercitare), la scelta della focale e dell'ottica, e la scelta del momento dello scatto.

E questo per me è pienamente soddisfacente, soprattutto quando e se, per dire,
una bambina timida, mi dice ad un certo punto:
fammi una foto, e l'immagine rivela il suo piacere di essere ripresa ...

Un altro approccio, come dice Sante, può essere quello di creare una realtà a parte (Avedon).

Ma per il reportage in senso stretto, non vedo oggi grandi spazi per raccontare qualcosa di innovativo,
senza cadere nel grottesco, come dice Cesare...


Un caro saluto a tutti i forumisti,
Donatello
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massimostefani
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Il grande reportage,agonizzante già alla fine degli anni 70' è morto e sepolto! Sepolto dal ciarpame televisivo...dalle notizie urlate dall'inviato di turno (smentite o contraddette nella seconda edizione dello stesso tg...) dal disinteresse della gente per l'approfondimento..ecc...ecc..Pochi giorni fa la notizia della definitiva chiusura di Life,altro non si può aggiungere!
Ed in quest'ottica,a mio parere,si colloca la grandezza di Sebastiao Salgado che ha compreso,a suo tempo e luogo,l'importanza di dedicarsi a Grandi Progetti...anni di lavoro,mostre prestigiose ed altrettanto prestigiosi volumi....restituendo dignità e spessore mondiale all'impronta del reportage umanistico,sotto forma di racconto,magistralmente coniata a suo tempo da W. Eugéne Smith.Non l'evento drammatico di circostanza...non la guerra che,in questo momento fa notizia,non il mordi e fuggi al quale sono costretti coloro che ancora tentano di fare il fotoreporter..non lo sciancato o il rovinato di turno..ma il tempo dilatato..oserei dire il "tempo ritrovato" per una fotografia di immensa qualità...a 360°

massimostefani


ps: Sante hai colto nel segno...forse sono un privilegiato,ma il privilegio me lo sono andato costruendo giorno dopo giorno...nel cortile di casa,che mi offre ogni volta che ne varco la soglia molteplici opportunità...come ho già detto in precedenza.
tutte le fotografie sono reali,nessuna è la verità.
R.Avedon
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mauro ruscelli
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Molto giusto quello che dici Massimo, sia per quando riguarda i Grandissimi come Salgado, che hanno trovato una via per continuare a dare valore al reportage, ma soprattutto per sottolineare che il reportage non deve necessariamente essere fatto Lontano.

C'e' una commistione tra reportage ed esotismo che e' sbagliata. La macchina fotografica non e' uno strumento da vacanza. Abbiamo abbondanza di materiale sotto gli occhi eppure ... sono pochissimi coloro che si confrontano con la propria realta' e la documentano.

Affrontare questi temi vuole dire spezzare quel circolo vizioso, quella macchina della mostruosita' e dell'estremo di cui parla Cesare.
Mauro

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luca rubbi
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sante castignani ha scritto:
[...]

Del grande Richard io possiedo invece un solo monumentale volume: "Un'autobiografia", e mi avanza: non sono mai riuscito a sfogliarlo tutto in una volta, tanto è denso di emozione.
Quanto hai ragione Sante, un libro emozionante e commovente nella sua terribilità.
Sono assolutamente d'accordo, basta e avanza.

Ciao
Luca
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sante castignani
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luca rubbi ha scritto:
sante castignani ha scritto:
[...]

Del grande Richard io possiedo invece un solo monumentale volume: "Un'autobiografia", e mi avanza: non sono mai riuscito a sfogliarlo tutto in una volta, tanto è denso di emozione.
Quanto hai ragione Sante, un libro emozionante e commovente nella sua terribilità.
Sono assolutamente d'accordo, basta e avanza.

Ciao
Luca
Già. Sono contento che la pensiamo allo stesso modo, non tutto è così relativo.
Ciao,
Sante
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massimostefani
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Personalmente non trovo nulla di "terribile" nell'autobiografia di Avedon.e sull'emozione basta concedersi il tempo per farla emergere e sedimentare,dentro e fuori di noi..di certo ciò non accade tra una chiacchiera ed un caffè..ma sono certo che voi siete tra quelli che dedicano il giusto spazio ai libri giusti.Poi non sono d'accordo sul "basta e avanza"..R A Evidence ad esempio illustra in modo efficace il percorso di vita lavorativa e non dell'autore., le influenze che lo stesso ha,positivamente o no,subito.le linne guida del suo lavoro,come si pensa ed allestisce,in collaborazione con un art director "vero" una mostra "vera" che non è infilare una serie di scatti,tutti uguali ecc..ecc..ci sono logiche che,nella fattispecie emergono con forza e "insegnano"In "In the american west" si isolano figure,all'interno di un progetto ( si ritorna ai progetti) cercando assonanze e relazioni,comportamentali,di costume,di vissuto..che non emergono nei pochi esempi contenuti nell'Autobiografia....Woman in the mirror..altro splendido esempio di rilettura ed esaltazione della figura femminile,attraverso un itinerario dedicato che si colloca ai massimi livelli dell'arte fotografica! Secondo me il terribile sta nel sentirsi in qualche modo satolli ed arrivati...e per il resto "chissenefrega"...non fa parte del mio io...e immagino nemmeno del vostro! Questo per ricordarMI che i maestri,nazionali e non albergano altrove....
Vi saluto..oggi e domani ( ma non solo...) si lavora.


massimostefani
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R.Avedon
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luca rubbi
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massimostefani ha scritto:

[...]

Secondo me il terribile sta nel sentirsi in qualche modo satolli ed arrivati...e per il resto "chissenefrega"...non fa parte del mio io...e immagino nemmeno del vostro! Questo per ricordarMI che i maestri,nazionali e non albergano altrove....
Vi saluto..oggi e domani ( ma non solo...) si lavora.


massimostefani
Al contrario, proprio perchè sono assolutamente in sintonia con Avedon, che il turbamento è forte, pochi fotografi al mondo sono stati in grado di scavare nell'animo umano come quest'uomo.
Avedon mi mostra continuamente una parte che mi appartiene e per questa ragione è terribile, perchè lo fa con crudeltà, cioè nel modo in cui deve essere fatta.

Sono anche rimasto stupito che tu in un altro intervento abbia detto che Avedon non ha mai fatto reportage, ma come, "In the american west" che cosa è, e le foto vietnamite sulle vittime da napalm?

Ciao
Luca
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sante castignani
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In ogni caso di autori così si sa tutto anche senza comprare il libro, e il messaggio arriva lo stesso.

Io oggi compro pochi libri, e solo se me li sogno la notte.

Uno dei miei ultimi preferiti: Once, di Wenders.
Ciao,
Sante
1cesar
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Iscritto il: lun apr 16, 2007 8:31 am
Una Volta....
vidi la mostra anni fa presentata dall'autore, comprai il libro e da quel momento non sono più stato quello di prima.
Per la prima volta me ne sono separato, ma il Buon Raffaele mi ha promesso di tornare....
L'introduzione dell'autore è di fatto tutto ciò che la mente deve sapere per fare fotografie, tutto l resto è un ostacolo alla comprensione profonda di ciò che noi riteniamo sia "fuori".
Un Saluto[/u]
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massimostefani
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Carissimo Luca..."in the american west"...sono ritratti,insreriti in progetto diverso,per uno scopo diverso...che l'autore ben illustra..ma sono ritratti realizzati con la stessa tecnica che Avedon utilizzava nella maggior parte dei casi in studio.egli stesso afferma..." non volevo che la luce indirizzasse o guidasse lo sguardo perciò ho utilizzato uno sfondo neutro,bianco,lavorando in ombra,,ecc..ecc..Per quanto riguarda le vittime del napalm..sempre di ritatti si parla,vedendo la raccolta pressochè completa si ha un quadro più esatto! Il reportage,cosi mi è parso di capire,da coloro che a suo tempo mi illuminarono, è una netta presa di posizione,è "il dar voce a chi voce non ha..." sono parole di Smith...è lo schierarsi su di un fronte o sull'altro..è il rischiare anche la vita per portare a casa determinate immagini...e la schiera di coloro che,con la vita,hanno testimoniato il loro impegno è fin troppo lunga!
A meno che per reportage non si intenda tutto quello che si fa fuori da uno studio...o da un appartamento...magari in luoghi esotici.Ultimo esempio fornitoci da Salgado..che,in allegato a "in cammino" ha inserito "ritratti di bambini in cammino"...per la semplice ragione che nel "suo progetto di reportage" i bambini in posa non c'entravano nulla.
Poi mi meraviglia il fatto che,a corrente alternata, gli stessi libri siano "fondamentali" o "marginali"...a seconda di ????? Forse non ho le idee chiare ma trovo,nel tempo, più che utile la rilettura dei testi ( non solo fotografici) e delle immagini...forse perchè ho notato che lo scorrere del tempo muta me ed il mio modo di pormi di fronte ad una immagine od a un testo....per questo non cessa la mia ricerca,nel mondo della carta stampata,siano parole od immagini ( ho comprato 2 libri non più tardi di un'ora fa 1 x me ed 1 x mio figlio).
Non sono in grado di dire se la verifica di se stessi vada fatta come Avedon ha fatto o se è vero il contrario...la cosa che mi tocca di più nel lavoro dei veri "maestri" è la loro straordinaria capacità di vedere,cogliere e trasmettere elementi emozionali,stimoli per profonde riflessioni e grandi lezioni di vita.
Buonanotte ragazzi.


massimostefani
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R.Avedon
1cesar
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Beh a questo punto un altro spunto.....
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1cesar
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Iscritto il: lun apr 16, 2007 8:31 am
Una scuolina ai confini con la Liberia....
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massimostefani
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Si può "raccontare" con leggerezza...facendo appello ai sussurri e meno alle grida! Sul ritratto di Mubarak in abbandono e sulle varie istruzioni per l'uso (igiene del corpo e dello spirito...se ho ben capito..) ci sarebbe da discutere a lungo.Luce e colore in sintonia con il raccontar sotto voce.


massimostefani
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luca rubbi
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massimostefani ha scritto:Carissimo Luca..."in the american west"...sono ritratti,insreriti in progetto diverso,per uno scopo diverso...che l'autore ben illustra..ma sono ritratti realizzati con la stessa tecnica che Avedon utilizzava nella maggior parte dei casi in studio.egli stesso afferma..." non volevo che la luce indirizzasse o guidasse lo sguardo perciò ho utilizzato uno sfondo neutro,bianco,lavorando in ombra,,ecc..ecc..Per quanto riguarda le vittime del napalm..sempre di ritatti si parla,vedendo la raccolta pressochè completa si ha un quadro più esatto! Il reportage,cosi mi è parso di capire,da coloro che a suo tempo mi illuminarono, è una netta presa di posizione,è "il dar voce a chi voce non ha..." sono parole di Smith...è lo schierarsi su di un fronte o sull'altro..è il rischiare anche la vita per portare a casa determinate immagini...e la schiera di coloro che,con la vita,hanno testimoniato il loro impegno è fin troppo lunga!
A meno che per reportage non si intenda tutto quello che si fa fuori da uno studio...o da un appartamento...magari in luoghi esotici.Ultimo esempio fornitoci da Salgado..che,in allegato a "in cammino" ha inserito "ritratti di bambini in cammino"...per la semplice ragione che nel "suo progetto di reportage" i bambini in posa non c'entravano nulla.
Poi mi meraviglia il fatto che,a corrente alternata, gli stessi libri siano "fondamentali" o "marginali"...a seconda di ????? Forse non ho le idee chiare ma trovo,nel tempo, più che utile la rilettura dei testi ( non solo fotografici) e delle immagini...forse perchè ho notato che lo scorrere del tempo muta me ed il mio modo di pormi di fronte ad una immagine od a un testo....per questo non cessa la mia ricerca,nel mondo della carta stampata,siano parole od immagini ( ho comprato 2 libri non più tardi di un'ora fa 1 x me ed 1 x mio figlio).
Non sono in grado di dire se la verifica di se stessi vada fatta come Avedon ha fatto o se è vero il contrario...la cosa che mi tocca di più nel lavoro dei veri "maestri" è la loro straordinaria capacità di vedere,cogliere e trasmettere elementi emozionali,stimoli per profonde riflessioni e grandi lezioni di vita.
Buonanotte ragazzi.


massimostefani
Io ho sempre pensato che il reportage è andare in un posto (ma può essere sotto casa) o viaggiarvi attraverso, producendo un lavoro che abbia un certo corpus ed una sua precisa coerenza espressiva, formale e di contenuti, e sinceramente non capisco perché non possano essere tutti ritratti.
Mi lascia sbigottito invece l’idea di prendere scientemente una posizione, io ho sempre pensato che le cose andassero raccontate evitando di prendere posizione, che è già così difficile visto che la soggettività con la quale ci approcciamo ai soggetti ci porta comunque ad esprimere la realtà delle cose diversamente da altri.
Il giudizio è una brutta bestia...

Poi cosa significa “marginale”?
Il fatto che io non abbia un libro, non significa che un’opera abbia valore o meno…

“In the american west” costava una cifra pazzesca e mi sono ben guardato dall’acquistarlo, “un’autobiografia” (anch’esso costosissimo ma regalatomi) è “sufficiente” per comprendere l’opera di Avedon, tra le sue pagine trovano posto parecchie foto di “In the american west”, non capisco quindi il senso del ragionamento?

:smile:

Ciao
Luca
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