Sul reportage (raccontare storie con le fotografie)

Sezione Principale - Fotografie e Passioni

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Per molto tempo ho cercato di capire come fare una buona fotografia. Non ci sono regole che garantiscano una buona fotografia, se non che l’immagine deve raccontare, smuovere, colpire, sollevare interrogativi. Se poi questi risultati si ottengono applicando o violando la regola dei terzi, questo dipende dalla fotografia stessa.
Appena ho cominciato ad avere una pur vaga idea di come fare una buona foto, quindi sostanzialmente a scartare tutte quelle immagini che non avevano nessuna necessità di esistere in quanto tali, mi è venuta in mente l’idea di provare a raccontare per serie di immagini.

Ed è stata la mia rovina. Mi è venuto il dubbio che raccontare con le serie potesse essere più facile. Probabilmente invece è infinitamente più difficile. Perché in fondo, provando e riprovando, qualche singola fotografia “giusta” la si riesce anche a tirare fuori. Ma tirare fuori una serie di fotografie buone, e che oltretutto formino un racconto coerente sembra difficilissimo.

Girando in libreria ho trovato un libro di Michele Dalla Palma sul fotoreportage e su come raccontare per immagini. Il libro contiene due capitoli che di solito in questi manuali non si trovano: l’etica del fotoreportage e la filosofia del fotoreportage. L’autore è un alpinista e fotografo che propone una trattazione a tutto campo della costruzione di storie per immagini. Non è che poi, applicando tali regole, si diventi un perfetto narratore per immagini, ma almeno si possono stabilire alcuni elementi fondamentali. Poi dipende da noi e dal nostro talento.

Dalla Palma, che è un seguace di Ansel Adams in particolare per quanto riguarda la previsualizzazione, propone tanti elementi che ho provato a mettere in relazione con il modo con cui ho (mal)fotografato negli ultimi decenni.
Alcune cose sembreranno ovvie, mi sembra interessante il quadro complessivo nel quale inquadrare il processo fotografico narrativo che mi ha aiutato a capire meglio.

I tre pilastri del racconto:
  • • La contestualizzazione. Vi presento il mio palcoscenico, il luogo, dove si svolge l’azione che voglio presentare, le storie che voglio raccontare, dove si muoveranno i miei attori.
    L’interazione uomo-ambiente. Le immagini che mostrano come si muovono ed interagiscono i protagonisti della nostra storia. Deve essere la parte più viva e dinamica del racconto fotografico, nella quale le azioni degli uomini ci presentano la loro anima e l’anima del luogo che abitano. Le fotografie di questo pilastro approfondisce la relazione dei protagonisti con il territorio ed i loro segni.
    • I dettagli della scena. Quei particolari che approfondiscono sia il contesto, sia come interagiscono l’uomo e l’ambiente.
Come si deve inserire il fotografo nella scena? Deve essere invisibile. L’idea fondamentale è che, come l’antropologo, il fotografo non deve interagire. La presenza del fotografo può modificare, anche in modo sostanziale, il modo in cui gli attori si muovono sul palcoscenico e come agiscono ed interagiscono. Ma nessuno è invisibile, così [io] immagino che debba essere invisibile nella sua qualità di fotografo.

Il fotoreporter deve conoscere le storie da raccontare perché le vive in prima persona, sperimentandole sulla propria pelle. Deve entrare in punta di piedi nella cultura di un altro, cercando di comprenderla almeno nelle sue linee elementari e farsi accettare come presenza, aliena ma non ingombrante né invasiva, prima di pensare a scattare un solo fotogramma. È importante, imparare a non fotografare. Lo scatto è solo l’atto finale del percorso per conoscere ciò che si vuole raccontare.

Penso che Nicola abbia fatto una grandissima esperienza in questo, per esempio nel suo “alla fine del viaggio”. Anche Simone si è cimentato nel racconto fotografico, con vino e asparagi.
Sergio ci ha fatto vedere una magnifica serie, che oltre a raccontare la storia di un villaggio ci ha portato indietro di oltre quaranta anni. “Amara e bella” ha tutti gli elementi del reportage ed anche la patina della storia.

Questo è uno degli elementi della “invisibilità”: il fotografo deve farsi prima accettare dagli aspiranti protagonisti del racconto con pazienza e delicatezza in quanto essere umano, per superare la fase di diffidenza e di curiosità, per poi essere ignorati perché non più interessanti. Un approccio di assoluto rispetto per l’altro per fargli capire che è solo la sua benevolenza che consente la presenza del fotografo e gli permette di scattare le sue fotografie.
Si deve muovere lentamente, fermandosi spesso e mostrandosi sinceramente interessato a ciò che succede intorno, lasciando la fotocamera nella borsa. Sono importanti gli sguardi ed i gesti per trovare l’intesa tra il (potenziale) fotografo ed i soggetti, cercando di far capire che l’interesse non è ad un souvenir fotografico, ma al soggetto stesso ed a ciò che sta facendo.
Dalla Palma ha lavorato molto in Africa, in Asia, ma il concetto, come vedremo, si applica anche a un gondoliere veneziano: se vogliamo raccontare con un’immagine il più possibile credibile e la meno artefatta possibile, dobbiamo essere invisibili.

Mi sembra che esistano grandissime similitudini tra la costruzione di un reportage fotografico e la struttura del testo di un racconto scritto. Io, che scrivo molto, ho un approccio molto definito:
  • • Definisco il titolo, che poi sintetizza il tema;
    • Introduco il mio lettore al tema, alla situazione che voglio trattare;
    • Definisco l’articolazione e lo sviluppo del tema
    • Espongo le conclusioni.
Un racconto fotografico usa un linguaggio diverso ma può essere sviluppato sostanzialmente lungo le stesse linee concettuali. Come un testo, raccontare per immagini può avere una struttura a blocchi – vediamo i tre pilastri descritti sopra – la grande difficoltà è inserire nella sequenza delle immagini, quindi in ciascuna immagine – quei piccoli elementi di raccordo che ne costituiscono il filo logico.
Pensando al mio approccio alla fotografia, posso individuare molti degli elementi che Dalla Palma suggerisce. Il problema è li ho sempre applicati in maniera casuale e scollegata. E poi resta la difficoltà di espressione visuale, dell’uso del linguaggio fotografico.
Inoltre, essere in un luogo e scattare cosa colpisce il mio occhio non è sufficiente a creare – anche a posteriori – il filo logico di un racconto. Guardando le mie fotografie la maggior parte di esse sembrano costruite passivamente, forse anche se sono previsualizzate, e c’è un controllo maggiore su cosa è dentro e cosa resta fuori dalla composizione. Ma data la mancanza all’origine di una costruzione coerente del racconto, esse restano sostanzialmente slegate l’una dall’altra.

Certo, in particolare nelle mie fotografie fatte nella casa famiglia negli anni 80 e 90 è molto presente l’aspetto della mia integrazione nel contesto. Non sono arrivato come fotografo, ma sono stato accettato prima come persona e poi quando ho cominciato a fare fotografie, dopo molto attendere. Ma quello stesso gruppo – non un racconto – di immagini manca degli elementi introduttivi che presentano il contesto ed è completamente privo di dettagli. Si basa piuttosto su una serie di ritratti e su uno sparuto gruppo di immagini che provano a descrivere l’interazione tra i soggetti e l’ambiente.

L’indicazione che ho ricavato per me è di provare a strutturare un tema ed i punti salienti del suo sviluppo, vedremo se riuscirò a combinare la capacità di strutturare con la creazione di serie di fotografie coerenti. Non è affatto scontato. Un possibile approccio può essere articolato così:
  • • Tentare di focalizzare, seppur per grandi linee, l’idea del racconto.
    • Tratteggiare, sempre per grandi linee quali possono essere i punti di sviluppo. La storia si può definire anche immediatamente prima di raccontarla, osservando e assorbendo ciò che vediamo. È fondamentale capire il più velocemente possibile i tempi di svolgimento dell’azione umana, diversi per quanto diverse sono le anime del mondo.
    • È possibile provare a documentarsi prima, sviluppando una sequenza concettuale di massima della storia per immagini.
Credo si debba bisogna guardare molto, guardare al di fuori dei percorsi tracciati, o guardare gli stessi percorsi con occhi diversi. Guardando si trovano le storie. E bisogna sapere aspettare, con calma. Per osservare la possibile storia e svilupparne tutti gli elementi visuali, i tagli di luce, le prospettive e gli sfondi. Il tutto senza fotografare.
Si fotograferà dopo.
Non tutte le fotografie raccontano una storia. Non tutte le serie raccontano allo stesso modo. La sfida è inserire in ciascuna immagine quel tenue, o forte, elemento di collegamento con le altre fotografie.
(continua).
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carlo riggi
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Molto interessante!
Aspetto il seguito per provare a formulare in maniera più articolata i tanti pensieri che già mulinano nella mia testa.
Ciao
Carlo
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simone toson
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Una cosa ho capito del reportage e questa cosa mi ha spinto ad addentrarmi nel pericoloso campo di battaglia dei raccoglitori di asparagi.
Si tratta di osservare un argomento da molteplici punti di vista creando collegamenti anche distanti ma che rafforzano il tema.
Questo vale per i reportage di stampo fotogiornalistico dove si deve raccontare qualcosa di concreto ma anche per reportage più di stampo psicologico (come può essere quello di Carlo sulle icone dove ho espresso il mio punto di vista).
Alessandro Gandolfi, un bravissimo fotografo freelance che pubblica su testate internazionali importanti, ha raccontato nella giornata alla quale ho avuto la fortuna di partecipare, come si sviluppa un reportage.
Così mi è venuta subito la voglia di mettere in pratica i suggerimenti e ho approfittato della concomitanza tra il concorso del Nationale Geographic e il periodo degli asparagi dei quali sono un appassionato consumatore.
Sembra una cosa stupida, l’argomento non è dei più esaltanti, ma forse a maggior ragione mi ha fatto riflettere sulle potenzialità dello sviluppo di una storia per immagini.
Ovviamente ho messo in campo tutti i suggerimenti che Luca ha citato giustamente nel rapporto umano con i protagonisti del reportage.
Così per cercare di dare un ampio respiro al mio racconto ho programmato e fotografato: i raccoglitori sul campo, i raccoglitori nel momento della lavorazione, lo still life, la cucina del ristorante, paesaggi, il ritratto del raccoglitore rumeno (qui si apre un’altra storia da raccontare), l’accampamento dei lavoratori rumeni, la sagra dove ho voluto cogliere un aspetto diverso dalla cena, la vendita.
Si poteva fare anche molto di più ma per l’argomento ho deciso che poteva bastare.
Quello che più mi ha aperto la mente è che ho capito che un argomento, anche il più banale, può avere moltissime vie di sviluppo e lo si può guardare da molteplici punti di vista.
E’ per questo che nel caso di Icons di Carlo, vedo un argomento in fase embrionale perché quel lavoro potrebbe avere infinite vie di fuga e potenzialmente è interessante.
Quello che ha detto Stefano sul cosa non è un reportage è giustissimo.
Una cosa aggiungo, la base di tutti coloro che fanno reportage, ma la sapete già, voglio solo ricordarla.
Le 5 domande da porsi sempre per capire se il nostro reportage le soddisfa, le famose 5W: who, what, were, when, why.
Per il reportage bisogna avere ben chiaro in mente tutti gli stili fotografici (paesaggio, ritratto, still life, situazioni) ed è per questo che è il genere che preferisco.
Un reportage vero (spesso preso ad esempio per spiegare come si fa un reportage):
https://www.youtube.com/watch?v=Q45yOF-edZs
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carlo riggi
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@ Simone

Who, what, where, when, why. D'accordo.
Quello che ti chiedo è se per te, e dall'esperienza fatta con gli autori che citi, queste cinque condizioni debbano essere soddisfatte in autonomia dalle foto, o possano in parte essere sostenute da un testo.
Ciao
Carlo
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simone toson
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carlo riggi ha scritto:@ Simone

Who, what, where, when, why. D'accordo.
Quello che ti chiedo è se per te, e dall'esperienza fatta con gli autori che citi, queste cinque condizioni debbano essere soddisfatte in autonomia dalle foto, o possano in parte essere sostenute da un testo.
Un briciolo di testo penso che sia sempre necessario.
Secondo me l'importante è che sia il testo a sostenere le foto e non viceversa, come si vede troppo spesso nella fotografia "moderna".
Country Doctor di Eugene Smith non aveva bisogno di molto testo..
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carlo riggi
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Io non sono per la totale autonomia della foto. Per me il reportage si avvale di ogni informazione con pari dignità, titolo, testo e contesto compresi.
Ciao
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simone toson
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carlo riggi ha scritto:Io non sono per la totale autonomia della foto. Per me il reportage si avvale di ogni informazione con pari dignità, titolo, testo e contesto compresi.
Sì, lo penso anch'io.
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noctorius
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Complimenti a tutti. Belle parole.

Ma a quando un esempio tangibile di fotografie da reportage? sono molto curioso di ammirare, da gente che esprime grandi concetti, il genere di reportage personale.

notte
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carlo riggi
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Se ti accontenti di roba vecchia, qui trovi un sito specializzato in reportage: in mezzo c'è persino qualche scatto mio. Roba vista e rivista (ormai faccio solo belle chiacchiere), ma magari non te ne ricordi.
D'altronde, sei nuovo di qui, no? :)

http://witness.fotoup.net/Numeri/00021/numero21.html

http://witness.fotoup.net/Numeri/00019/numero19.html
Ciao
Carlo
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noctorius ha scritto:Complimenti a tutti. Belle parole.

Ma a quando un esempio tangibile di fotografie da reportage? sono molto curioso di ammirare, da gente che esprime grandi concetti, il genere di reportage personale.

notte
Non era questo lo scopo del thread. Il ragionamento ha l'obiettivo di buttare giù qualche idea su come raccontare storie con le fotografie e di questo stiamo parlando.

Se vuoi esempi di grandi reportage di grandi reporter, fai una ricerca su W Eugene Smith, James Nachtwey, Robert Capa, Chim Seymour, Gianni Berengo Gardin, Franco Pagetti, Jerome Delay, Tim Hetherington, Anja Nidringhaus, Alex Majoli, Paolo Pellegrin, Sebastiao Salgado, Letizia Battaglia, Francesco Cito, Nick Ut, Eddie Adams, Alexandra Boulat, Abbas Attar, Jacob Aue Sobol, etc.
Anzi, vai in libreria e cerca i loro libri, o i libri di altri fotoreporter che ti interessano.
E' meglio che cercarli qui, in questo spazio, che pur accogliente, ha i suoi limiti.
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noctorius
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carlo riggi ha scritto:Se ti accontenti di roba vecchia, qui trovi un sito specializzato in reportage: in mezzo c'è persino qualche scatto mio. Roba vista e rivista (ormai faccio solo belle chiacchiere), ma magari non te ne ricordi.
D'altronde, sei nuovo di qui, no? :)

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Grazie Carlo, "il mercato di Palermo" molto ben fatto. Complimenti
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noctorius
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Luca A Remotti ha scritto:
noctorius ha scritto:Complimenti a tutti. Belle parole.

Ma a quando un esempio tangibile di fotografie da reportage? sono molto curioso di ammirare, da gente che esprime grandi concetti, il genere di reportage personale.

notte
Non era questo lo scopo del thread. Il ragionamento ha l'obiettivo di buttare giù qualche idea su come raccontare storie con le fotografie e di questo stiamo parlando.

Se vuoi esempi di grandi reportage di grandi reporter, fai una ricerca su W Eugene Smith, James Nachtwey, Robert Capa, Chim Seymour, Gianni Berengo Gardin, Franco Pagetti, Jerome Delay, Tim Hetherington, Anja Nidringhaus, Alex Majoli, Paolo Pellegrin, Sebastiao Salgado, Letizia Battaglia, Francesco Cito, Nick Ut, Eddie Adams, Alexandra Boulat, Abbas Attar, Jacob Aue Sobol, etc.
Anzi, vai in libreria e cerca i loro libri, o i libri di altri fotoreporter che ti interessano.
E' meglio che cercarli qui, in questo spazio, che pur accogliente, ha i suoi limiti.
Grazie Luca, ma il reportage dei grandi nomi da te citati già li conosco; io desidero ammirare i vostri. Carlo mi ha già indirizzato, e tu?
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carlo riggi
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noctorius ha scritto: Grazie Carlo, "il mercato di Palermo" molto ben fatto. Complimenti
Ti ringrazio!

Comunque, in generale, non è che per discutere su un argomento occorra esserne esperti. Si discute per imparare, per capire, per meglio apprezzare.
Ciao
Carlo
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noctorius ha scritto:Grazie Luca, ma il reportage dei grandi nomi da te citati già li conosco; io desidero ammirare i vostri. Carlo mi ha già indirizzato, e tu?
Ho capito la tua richiesta.
Io sul reportage sto ancora studiando. E poi, per mancanza di tempo, non riesco a trasferire fotografie dalla pellicola. Sto lavorando su qualcosa, te la presenterò.
Per ora ho questo: http://www.insideimages.eu/index.php/ph ... /children/, la password te la mando in mp.
Buona giornata!
Ciao,
Luca
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Gianluca.Monacelli
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Tema interessante e difficile. La descrizione attraverso foto di senso di una storia o un evento o un pensiero rappresenta il limite su cui mi cimento. Come in precedenza cercherò di appender da voi il più possibile.
Ciao a tutti, Gianluca
http://www.flickr.com/photos/21673430@N06/
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