Il mercato fotografico non si regge sui professionisti perché sono semplicemente pochi. Troppo pochi per assorbire le migliaia (o milioni) di prodotti che le economie di scala impongono. Solo Nikon ha prodotto 110 milioni di obiettivi dal 1959 al 2018, fanno 1,9 milioni di obiettivi l'anno. Solo Nikon. Qualcuno li deve comprare.
I fotoamatori comprano libri, riviste, corsi di fotografia. L'editoria fotografica è una delle poche non in crisi, anche perché basta stampare un libro di fotografie con i testi in inglese e qualche altra lingua-veicolo, che si vendono in tutto il mondo.
La fissazione per il pulsantino in più c’è sempre stata. Nelle riviste degli anni 80 si magnificavano: l’esposimetro integrato, l’accoppiamento diaframma-esposimetro ed il diaframma automatico, pensa un po’.
Sulle linee dritte o storte: non tutti sono Jürgen Teller, o Garry Winogrand come dicevo. La maggior parte delle fotografie che si vedono sono malamente storte.
Chi fa il fotografo oggi, ma pure ieri, salvo rarissimi casi, è ricco o benestante e questo non c'entra nulla con la qualità dei lavori.
Concordo. Non c'è nesso di causalità tra capacità di spesa e qualità della fotografia generata.
Certamente ci sono fotografi che non si capisce come facciano a stare sul mercato.
Ne parlavo più sopra: è sempre una questione di mercato amatoriale. Ogni marchio deve comunicare attraverso soggetti, immagini e personaggi nei quali i fotoamatori possano identificarsi e tentare di emulare. Per comprare attrezzatura, libri, corsi, riviste.
Quindi non Alec Soth o Eugene Richards o Roger Ballen - che sono altamente sofisticati nel loro approccio-, ma meglio fotografi (me ne vengono in mente decine) che propongono fotografia che in teoria chiunque può fare, come per esempio la street photography.
Si arriva perfino a pubblicare libri, da editori di fama, con roadshow, editor più o meno noti e tutto il resto.
Sempre e solo per i fotoamatori.
Perché i canali che c'erano si sono inariditi.