Le età difficili

Sezione Principale - Fotografie e Passioni

Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi

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carlo riggi
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Ciao
Carlo
XZTXR9
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=D>
Ciao Carlo
Enea
Alberto Bregani
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certo, difficili.
e lo sfocato - cosi io interpreto personalmente - rende perfettamente la difficolta di noi adulti a rapportarci con quel (loro) mondo; una patina a fatica penetrabile, causa loro causa nostra ..è lo stesso, la cosa è anche inconsciamente reciproca ..fatto sta che c'è e quotidianamente la si percepisce, quando non la si vive direttamente. Non è il mio caso per questioni di età, appunto (luca e pietro hanno 1.5 e 3.5 anni..) ma tra qualche anno ci arriverò ...gia sento il fragore di questo momento ..come quando ci si avvicina a delle rapide giungendo da acque calme.

;-)
Beh
splendida, in sintesi
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carlo riggi
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Alberto Bregani ha scritto:certo, difficili.
e lo sfocato - cosi io interpreto personalmente - rende perfettamente la difficolta di noi adulti a rapportarci con quel (loro) mondo
Infatti mentre titolavo il thread non sapevo bene se quel "difficile" si riferisse alla loro o alla nostra età.
Grazie anche a Enea.

Ciao
Carlo
ovidio
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Bella, intrigante, misteriosa, triste: applauso!!
Ciaovi
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carlo riggi
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Grazie Ovidio!

Ciao
Carlo
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NatRiscica
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La guardo da un po'.
Ai miei occhi inquietante.
La posa? Lo sfuocato?
Non so.
Difficile non ritornarci su.

Nat
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carlo riggi
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NatRiscica ha scritto:La guardo da un po'.
Ai miei occhi inquietante.
La posa? Lo sfuocato?
Non so.
Difficile non ritornarci su.
Sì Nat, è lo stesso per me che l'ho scattata.
Questa foto sarebbe perfetta per illustrare il concetto di insaturo, che amo e uso spesso. Un'immagine che si alimenta di nuovi significati ogni volta che la guardi, che evoca e allude, più che mostrare (e tanto meno di-mostrare). La fotografia esiste nella mente del fruitore almeno tanto quanto esiste nel suo supporto "reale" (cartaceo, chimico, elettronico che sia), lì si annida e si fa generatrice di derive di pensiero e di nuovi sentimenti, alternando i più crudi ad altri più ottimistici, in una sorta di percorso di redenzione e di catarsi.
Naturalmente adesso sto descrivendo ciò che per me dovrebbe essere una fotografia, un ideale a cui questo mio scatto si avvicina come può.

Grazie, ciao
Carlo
otto
cia o Carlo......molto interessante
.......aver spostato leggermente più in angolo la ragazza dando maggior rilievo ai due punti luce simili agli occhi di una maschera che osserva senza alcuna espressione amichevole, rafforzerebbe forse la mia interpretazione

otto.
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carlo riggi
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otto ha scritto:cia o Carlo......molto interessante
.......aver spostato leggermente più in angolo la ragazza dando maggior rilievo ai due punti luce simili agli occhi di una maschera che osserva senza alcuna espressione amichevole, rafforzerebbe forse la mia interpretazione
Capisco il tuo punto di vista, Otto. Quei due punti di luce sono fondamentali e mi piace la tua lettura di "occhi ostili". Forse però la collocazione più laterale della ragazza avrebbe impresso un grafismo più deciso e avrebbe spostato un po' il senso (i sensi) della foto. Sarebbe stata un'altra foto, con altrettante potenzialità interpretative.

Grazie, ciao
Carlo
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ulyssesitaca
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carlo riggi ha scritto:
NatRiscica ha scritto:La guardo da un po'.
Ai miei occhi inquietante.
La posa? Lo sfuocato?
Non so.
Difficile non ritornarci su.
Sì Nat, è lo stesso per me che l'ho scattata.
Questa foto sarebbe perfetta per illustrare il concetto di insaturo, che amo e uso spesso. Un'immagine che si alimenta di nuovi significati ogni volta che la guardi, che evoca e allude, più che mostrare (e tanto meno di-mostrare). La fotografia esiste nella mente del fruitore almeno tanto quanto esiste nel suo supporto "reale" (cartaceo, chimico, elettronico che sia), lì si annida e si fa generatrice di derive di pensiero e di nuovi sentimenti, alternando i più crudi ad altri più ottimistici, in una sorta di percorso di redenzione e di catarsi.
Naturalmente adesso sto descrivendo ciò che per me dovrebbe essere una fotografia, un ideale a cui questo mio scatto si avvicina come può.

Grazie, ciao
Carlo
Parto dalla impossibilità di commentare questa fotografia con parole diverse da quelle di Nat, che mi vedo quindi costretto a quotare, per passare dalla tua visione (peraltro condivisibile) di fotografia e della sua funzione che vorrei permettermi di chiosare brevemente.
Mi sto chiedendo infatti di questi tempi, se il proliferare di una certa sintassi fotografica più accennata, aquarellata mi vien da dire, che suggerisce una emozione invece che raccontarne una, che accenna a un fatto senza sentire il bisogno/dovere di descriverlo pienamente (e penso soprattutto al reportage) non sia qualcosa di più che una necessità di superare gli antichi stilemi.
Voglio dire che, in un mondo in cui i fatti, cosi come i concetti, vengono descritti praticamente quando accadono, e si ripetono e si accavallano, battendosi reciprocamente sul tempo e lavorando ognuno alla interpretazione dell'altro, sembra che descrivere qualcosa non serva più, diventi quasi una scontata linea di partenza anzichè l'arrivo come era nel reportage degli anni 50-70.
Insomma, mi pare di vedere, complice di spicco anche il terribile, inarrestabile naufragio della ideologia come linfa vitale del metabolismo dello spirito, che la fotografia sta passando velocemente dalla funzione preponderante di descrizione a quella di suggestione (intesa come suggerimento). Me ne convincono sempre più le nuove leve del reportage, come quelle di certa fotografia volutamente banale vista ad Arles l'anno scorso, o certo reportage accennato visto a Lucca o Atri quest'anno.
Non sto dicendo che sia giusto (chi siamo noi, piccolo gruppetto di fotoamatori col culo al caldo, spesso comunque troppo presuntuosi nella fretta dei nostri giudizi quasi sempre autoreferenziali, per dire cosa è giusto ?) o sbagliato, nè che sia necessario o meno allo sviluppo del Genere Umano, ma mi sembra innegabile che la svolta ci sia stata, forse una decina di anni fa, e con questa stiamo facendo i conti.
In questo senso e direzione mi sembra di poter e dover riconoscere alla tua immagine un valore molto alto.
(Chissà :-( se mi sono spiegato...)
Raffaele
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carlo riggi
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ulyssesitaca ha scritto: (Chissà :-( se mi sono spiegato...)
Ti sei spiegato, e ci hai donato un altro preziosissimo contributo di riflessione.
Il passaggio da una fotografia descrittiva ad una suggestiva, come tu sottolinei, è proporzionale alla pervasività visuale della nostra società multimediale, in cui tutto è dato in tempo reale. Credo che tu sia nel giusto anche quando riferisci questo fenomeno, magari non come causa diretta, all'indebolimento delle ideologie. Ma forse direi anche ad una visione meno assolutista delle stesse leggi della scienza, pensiamo alla relatività, alla fisica quantistica, a tutte le teorie che hanno accentuato il problema dell'indeterminatezza dell'esistenza.
Se ciò costituisca un tradimento delle premesse fondamentali della fotografia non saprei dire. Probabilmente ne costituisce un'espansione, visto che la funzione originaria della fotografia oggi sembra, ahinoi, assolta più efficacemente dai videofonini...
Una fotografia che evoca lancia un messaggio più ampio ma meno univoco di una fotografia che descrive. E' espressione di un autore che non vuole asserire una verità ma vuole condividere una gamma di emozioni, una storia aperta.
Penso alle foto di Antoine D'Agata - il suo ormai mitico "Mala Noche" - in cui le perturbazioni formali dei fotogrammi si fanno messaggio alla stessa stregua del contenuto degli stessi.
Quella che provo a raccontare nella mia storia è un'inquietudine, un incrocio di cattivi pensieri, un trip di padre. Avrei mai potuto narrarlo in prosa? Cosa avrei detto?.. L'unico modo per condividere quel grumo di emozioni era di rappresentarlo attraverso una macchia, in cui ognuno vedesse quel tanto che gli appartiene, che lo eccita o che lo disturba.
Il reportage fino a ieri si occupava di ciò che di sconosciuto c'era fuori di noi, oggi si occupa anche di ciò che di sconosciuto c'è dentro, all'autore e al fruitore. Emozioni che diventano parte integrante della foto stessa e contribuiscono a farla vivere.
Adesso forse sono io che non mi sono ...capito. :-)

Grazie, ciao
Carlo
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solimano
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una fuga dall' "horror pleni", per dirla con G. Dorfles
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carlo riggi
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Nell'evoluzione dell'individuo il troppo vuoto e il troppo pieno (compreso il rumore) sono entrambi generatori di angoscia.

Ciao :-)
Carlo
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Stefano Tambalo
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è inquietante.. non riesco a fare a meno di guardarla. chissà se lo girerà quell'angolo..
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