Bruno!..

Sezione Principale - Fotografie e Passioni

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carlo riggi
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Lo sai che mi diverte chiacchierare con te. :)
Guarda questa foto. Non ti chiedo con cosa pensi sia stata realizzata, se sia argentica o numerica, se sia plughinica o meno. Non ti chiedo nemmeno se ti piaccia.
La mia domanda è un'altra: in una foto così cambia qualcosa secondo te, dal punto di vista concettuale, che sia stata acquisita su schedina o su pellicola?
Ti ringrazio anticipatamente per la risposta, che aspetto con sincero interesse. Così come le considerazioni degli altri amici, naturalmente.

Immagine

Ciao
Carlo
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Beppe
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chapeau, Carlo, io non ho parole. alla fine è sempre l'umanità a fare la differenza, nella vita e nelle foto, ma anche nei percorsi.
'la fotografia è alla fine un problema di equilibri molto sottili ' (L. Ghirri)

il blocchetto degli appunti
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Davide L.
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Ciao Carlo
la foto è molto bella davvero, comunicativa.
Provo a scriverti il mio modesto parere in merito all'argomento se posso.
Credo che a livello concettuale e di comunicatività dell'immagine in se il discorso non sussista, l'immagine c'è ed è quella che trasmette e comunica determinate sensazioni.
La questione è un po' diversa quando si vanno a valutare determinati altri aspetti del "fotografare".
Per me è più un discorso "romantico" che pratico.
Hai in mano una macchina fotografica, 36... 24... 12 pose, hai un approccio molto diverso secondo me.
Ogni posa ha un sua storia, ha delle sue valutazioni ed un suo percorso, questo va ad impressionarsi sulla pellicola...è li senza valutare subito come sia venuto, se cancellarlo o meno...pensare a come e se postprodurlo... (a me non piacciono neanche i tagli o i rifili) ecco queste sono tutte fasi che fanno perdere "poesia" a ciò che credo sia la meraviglia della fotografia oltre a ciò che comunica, secondo me anche gli scatti "sbagliati" sono importanti e fanno crescere, oltre ad essere riscoperti in futuro magari.
Forse queste sono tutte sensazioni che fa sue il fotografo più che il fruitore dell'immagine.
Per me la fotografia è anche attesa. Attesa nel fare uno scatto... attesa nello svilupparlo e vederne il negativo... attesa nell'impressionare su carta questo scatto,
oppure l'impagabile gusto di attendere il risultato di una baritata dopo aver selezionato fra tutte le pose.
Il gusto di fruire di un'immagine figlia di questi passaggi credo sia diverso rispetto a quello di fruire di un raw, ma forse solo per uno che prova a far degli scatti e non per coloro che ne fruiscono senza sapere determinate cose.
Credo comunque che ancora oggi la resa della pellicola abbia tutto un suo profumo che il digitale per quanto avanzato e sensorialmente approfondito non possa ottenere, se non con postproduzioni varie che fanno perdere il "calore" della foto.
Con questo non voglio assolutamente sminuire il digitale, conta l'immagine e ciò che comunica, però ci sono dei passaggi e dei profumi che per me sono importanti, forse romantiche e poco pratiche ma tant'è :)
Con la massima umiltà
Davide-
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carlo riggi
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Davide, io sono molto d'accordo con te, e anche con molte delle cose che predica Bruno. Solo penso che questa sia la diagnosi, mentre molti ne fanno anche la prognosi. Infausta.
E' vero che il digitale comporta il rischio di accomodarsi sulla semplicità e sulla ridondanza, e di impigrire e corrompere il gesto fotografico. E' lo stesso rischio che hanno corso i nostri padri con l'avvento dell'esposimetro, e noi stessi con l'affermazione dei programmi o degli zoom (che io aborro).
Credo che la riflessione tua, di Bruno e anche mia (prima di essere arruolato dal buon Silver tra i plughinisti) serva proprio in chiave preventiva a ridimensionare questi aspetti potenzialmente deleteri delle nuove tecnologie, utilizzandone appieno le caratteristiche positive.
Sull'attesa sfondi una porta aperta. E' stata proprio l'oggetto della mia riflessione, nel momento del passaggio dalla pellicola al digitale. Ne ho anche scritto qui: http://tinyurl.com/2c22pnr
Sulla postproduzione invece non mi trovi d'accordo. Secondo me non esiste una foto (con la f maiuscola) che non abbia una dose adeguata di postproduzione, ad assecondare la previsualizzazione. Sia che ciò avvenga in camera chiara oppure in camera oscura.
Ho riproposto la riflessione su questa foto, perché a mio avviso scardina il ragionamento sul momento unico. Questo è con evidenza uno scatto unico e irripetibile, non una mitragliata "gratuita", come dice Silver, secondo quella che costituirebbe l'unica modalità d'azione del pigro digitalista... Davvero qui non vedo differenza tra questo gesto (realizzato con la X100) e quel che avrei fatto con la mia vecchia amata M6.
Sulla qualità della stampa finale si può discutere, ma sarebbe un altro discorso.

Grazie del commento Davide, e anche a Beppe!

Ciao
Carlo
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Davide L.
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carlo riggi ha scritto:Davide, io sono molto d'accordo con te, e anche con molte delle cose che predica Bruno. Solo penso che questa sia la diagnosi, mentre molti ne fanno anche la prognosi. Infausta.
E' vero che il digitale comporta il rischio di accomodarsi sulla semplicità e sulla ridondanza, e di impigrire e corrompere il gesto fotografico...
Ok Carlo, il discorso è molto interessante e stimolante.
La questione della "mitragliata" di foto sussiste nel caso in cui in un contesto interessante come quello da te postato si fanno tante foto da un determinato punto e poi scorrendo si trova l'attimo colto che più piace :) ma so che non è questo il caso.
Riguardo la Postproduzione io credo ci sia un determinato limite oltre cui non si debba andare, maggiore è questo margine in cui si opera al pc maggiore è l'errore originale da parte del fotografo.
L'occhio di un fotografo deve inquadrare e "centrare" la foto nell'obbiettivo, quando ci si accorge dopo di aver sbagliato l'inquadratura è già una foto artefatta.
Quando si tirano su le luce o si alzano i neri o tutto quello che vuoi vuol dire che in macchina si è sbagliata anche un minimo l'esposizione o il tempo... o l'apertura.
E' chiaro che la fotografia una volta postprodotta e tamponata è "migliore", e ci può stare se si rimane nel contesto "fotografia" però non stai lavorando più con la luce, stai lavorando con un file.
Il lavoro che puoi fare in camera oscura è comunque un lavoro fatto con la fonte da cui deriva la foto, con la luce... con delle lenti... con della carta fotosensibile, è ben diverso.
In digitale puoi fare talmente tante cose che alle fine la foto originale è un flebile ricordo che ti fa anche dimenticare gli errori (nei casi più postprodotti), è ben diverso dal lavoro fatto in camera oscura. :)

Grazie a te per questa interessante discussione
Davide-
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carlo riggi
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Secondo me c'è un pregiudizio di fondo, quello per cui lavorare con la chimica è qualcosa di più concreto e tangibile che non lavorare con l'elettronica.
Come se dentro le bacinelle noi asportassimo uno ad uno gli alogenuri e plasmassimo l'immagine, mentre al monitor è tutto automatico, e il discernimento dell'autore non incida per nulla. Come se gli strati sensibili sulla pellicola fossero spalmati con una pennellessa, e non con sofisticati macchinari elettronici. Come se il fotografo analogico fosse libero dalla schiavitù della tecnologia, persino dell'elettricità (operando, com'è noto, in CO con lampade ad olio), e tutto passasse attraverso la propria abilità manuale e artigianale...
Non è così, e non lo è mai stato. Gran parte della diffidenza con cui i pittori salutarono l'avvento della fotografia era proprio legata a questo deficit di manualità, lì dove pareva invece che tutto fosse frutto di un automatismo e di una reiteratività psicotica e mortifera.
C'è stato un tempo, però, in cui il fotografo conosceva più da presso la luce, la annusava, la respirava. Calcolare la luce a occhio era veramente starci dentro, senza intermediari. Molti fotografi avevano sviluppato un "occhio assoluto". Altri, specie i reporter, sbagliavano spesso l'esposizione ma poi recuperavano abbondantemente in camera oscura. Non c'è bisogno di andare troppo indietro nel tempo, il mio amico Paolo Cardone ha sempre esposto a naso (almeno fino a quando non è passato anch'egli al digitale) e se ne è sempre fregato della precisione, recuperando con interpretazioni molto energiche in camera oscura. I suoi lavori sono tra i più belli e appassionanti che io conosca.
Con l'arrivo dell'esposimetro sembrava che il diavolo si fosse intromesso tra noi e la luce. In parte era vero, il fotografo è diventato man mano meno capace di leggere la luce, di starci dentro con il corpo, oltre che con gli occhi. Ma grandi foto hanno continuato a nascere. Gli automatismi poi, sembravano il colpo di grazia. Pensare di sfuggire, in parte o addirittura in toto, col program, alla selezione dei parametri fondanti di una foto sembrava la fine. Eppure...
E non parliamo dell'autofocus.
(tra parentesi: programmi, zoom, AF, sono strumenti che io non uso. Ma non perché li ritenga la fine della fotografia, ma perché io non mi ci sono mai adattato. Chiusa parentesi).
Le "mitragliate" non sono un problema del digitale, i motorini non sono nati adesso, e io conosco gente che faceva fuori un rullo in dieci secondi. Il mio giudizio al riguardo è identico al tuo, ma non lo ritengo un vizio peculiare del digitale. E l'economicità dello scatto silicico mi sembra un argomento povero. E' questione di disciplina, non di denari. Lo era prima e lo è adesso.
Il discorso della luce è simile all'accordatura di una chitarra. Prima si faceva col diapason a tocco o a soffio, alcuni addirittura possedevano il "LA naturale". Ora si usano gli accordatori elettronici. Si perde qualcosa? Forse sì. Ma si suona ugualmente bene, e le emozioni si sprigionano esattamente come prima.
Il discorso del supporto è diverso. Riconosco che c'è una differenza tra un negativo e un RAW: il primo lo puoi toccare, il secondo lo puoi solo guardare. Ma le differenze finiscono lì. Entrambi rappresentano "ipotesi" di foto, da sviluppare con l'ausilio di artifici esterni (luce artificiale, elettricità, chimica, elettronica).
Lo sviluppo del "negativo" avviene sulla scorta di una previsualizzazione, ed è quella che guida il gesto fotografico. Non condivido l'enfasi sullo scatto da "centrare" subito. Non aderisco a questa logica da Tex Willer, sebbene riconosca il valore del tempo e del "qui ed ora" come caratteristica pregnante della fotografia. Per me lo scatto non è solo il tempo dell’otturatore, ma tutto il processo mentale nel quale l’immagine si sviluppa e prende forma. Ed è un percorso molto più ampio di quel che si pensa comunemente. Anche l'"attimo decisivo" di HCB, concetto ampiamente travisato, è qualcosa di molto diverso da ciò che si (fra)intende di solito.
Ultima nota sulla postproduzione. C'è una vulgata per cui con la PP digitale tutto è possibile. Premetto che stiamo parlando di normali correzioni, operazioni di piana grammatica fotografica, e non di manipolazioni (che non mi interessavano prima - e ce n'erano, eccome! - e non mi interessano adesso). Sgombriamo il campo e formuliamo un piccolo assioma: la postproduzione digitale comporta un deterioramento dell'immagine proporzionale all'intensità dell'intervento operato. Guai a pensare che tutto sia così gratuito, automatico, immediato. La foto va scattata bene, i margini di recupero sono più esigui di quanto si pensi.
Quanto alla "foto originale", essa non esiste se non nella mente del fotografo che l'ha previsualizzata. Spero che con "foto originale" tu non intenda la "verità". Quella non è mai appartenuta alla fotografia...

Ti ringrazio ancora, è un piacere parlare di questi argomenti in maniera così civile e approfondita.
Penso che le nostre posizioni siano entrambe valide, non ce n'è una più giusta dell'altra. E' solo il nostro diverso modo di sentire e vivere la comune passione.
La cosa importante sarebbe - e non lo dico certo a te - poter avere rispetto per i percorsi altrui, poter considerare sempre la "f" maiuscola, sia che si tratti del nostro modello di fotografia che quello di un altro. Purché ci sia genuinità, applicazione, emozione ...e anche qualità, che non guasta mai.

Ciao
Carlo
mario zacchi
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Iscritto il: ven nov 05, 2010 6:12 pm
L’ argomento è sempre il dito e mai la luna. Il feticismo nei confronti della superficie sostituisce il valore espressivo di tutto ciò che dalla quella superficie si eleva per parlarci, a prescindere da come essa abbia preso corpo (in fotografia). Mi sa, Carlo, che si tratta di una partita persa in partenza. Su questo argomento e negli ambienti dove lo si dibatte si "confrontano" quasi sempre religione e bigottismo che, notoriamente, stanno su sponde opposte. Non si confrontano motivazioni artistiche o scelte espressive, ma semplici pregiudizi. Basta leggere per capirlo.
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marco palomar
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Carlo, io ti dico due cose:
1) questa foto, la sua costruzione, la sua grammatica, l'iconografia si collocano in un preciso filone che è nato con la fotografia analogica e ne porta appresso ancora tutti i segni, dal bianco e nero alla grana al tipo di resa dei toni alla composizione al contenuto. Diciamo che è fotografia analogica portata avanti con mezzi digitali.

2) ho notato che nell'uso del mezzo digitale, e quindi nella fotografia digitale, da parte di moltissimi fotografi, compresi alcuni provenienti dall'analogico, una sorta di ricerca manierista dell'eccesso dovuta, a mio avviso, al fatto nuovo che la correttezza tecnica dell'immagine non solo non è più sufficiente, visto che anche il peggior apparecchio digitale in mano al peggior fotografo fornisce risultati corretti nel 99% delle situazioni, ma non è neanche più necessaria o addirittura è vista come un intralcio. Questo perché a) le immagini digitali sono intrinsecamente perfette ma fredde e soprattutto creano un corpus di miliardi di immagini diffuse capillarmente attraverso la rete, per cui ogni foto è in partenza insufficiente a catturare l'attenzione dell'osservatore b) il fotografo digitale ha a disposizione uno strumento tutto nuovo e quindi, pensando che tale strumento sia in grado di liberare la sua creatività all'ennesima potenza, risulta un po' refrattario al "vecchio" della cultura fotografica e delle regole, tranne servirsene nel senso di emulazione quando è preso dallo sconforto di questa libertà sconfinata ma senza appigli.
ma guarda un po'
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Davide L.
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carlo riggi ha scritto:Secondo me c'è un pregiudizio di fondo, quello per cui lavorare con la chimica è qualcosa di più concreto e tangibile che non lavorare con l'elettronica.
.........
Ciao
Carlo
Sono posizioni altrettanto valide, certo, il fine è il fruitore e l'emozione che la foto deve suscitare in lui.
Infatti mi trovi in linea con il tuo pensiero finchè si tratta di regolazioni base, e ci mancherebbe. che sia un'acquisizione da digitale che da pellicola.
La pittura e la fotografia sono due cose ben distinte, anche se forse nascono entrambe con le stesso fine con il tempo trasformatosi, e te lo dice uno che dipinge e disegna da una vita.
Le metafore che hai elencato sono esaustive ma non vanno assolutamente prese con leggerezza. A me dispiace tantissimo che si stia perdendo la capacità di accordare a "orecchio" la chitarra... quando lo strumento diventava parte della tua pancia per sentirlo veramente suonare come vuoi, oggi c'è il musicista e lo strumento in rare eccezioni sono un tutt'uno.
Voglio sia ben chiaro che il mio è un discorso più romantico che pratico, di questo ne sono ben consapevole.
Io lavoro con il computer usando molto programmi di fotoritocco so quali sono i limiti e quali sono i pregi di questo mezzo, tant'è vero che lo reputo indispensabile per un certo tipo di comunicazione.
Però che senso ha fare un fotografia digitale per poi applicare determinati passaggi, ad esempio, per ottenere l'effetto pellicola... o l'effetto vintage o convertire un colori a BN etc.. e ne conosco tanti.
Riconosco di essere un nostalgico in diversi campi, però adoro anche ascoltare un concerto in teatro solo con gli strumenti e voce senza distorsioni o sintetizzatori.
L'arrivo dell'esposimetro ha facilitato molto le cose è vero, però non è brutto che ci sia molta più difficoltà a leggere la luce oggi? che si stia perdendo questa capacità che può sembrare inutile ma che è comunque un valore aggiunto.
Quando faccio foto con la mia Rolleicord senza esposimetro mi emoziono ancora.
Ecco per me l'emozione ed il percorso nel fare una foto è ancora importante, e so che lo è anche per te.
Di un viaggio non mi godo solo la meta, mi godo anche il viaggio metro per metro... forse anche di più.
Dicendo che è importante lo scatto sul momento, come lo valuti e lo crei non dico che la cosa più importante sia il tempo dell'otturatore, dico che è importante il fotografo sappia tirar fuori il meglio dalla macchina che ha in mano senza adagiarsi sul fatto che dopo esistono rimedi ad'Oc. cosa che avviene nella maggior parte dei casi.
Sto sempre parlando di un certo tipo di fotografia, quella d' "autore" se così vogliamo chiamarla...anche se non ha senso etichettare o definire la Fotografia.
La "foto originale" non è la verità e ci mancherebbe altro, è però il tentativo di tirar fuori il meglio da quell'attimo, se già in partenza non ci provo o man mano ne perdo la sensibilità ci si affiderà sempre più ad altri mezzi (che per certi ambiti ci devono essere) però è come io sentivo di incidere quel momento.
Di manipolazioni poi non è neanche il caso di parlare perchè li si va in un altro contesto che esula dalla fotografia.
Per me il fine è anche una stampa che ti emoziona, una baritata grande formato la guardi con altri occhi sapendo come è nata la foto che stai tenendo fra le mani.
Come giustamente dici sono entrambi punti di vista validi che non influiscono nell'emozione del fruitore.

Che bello che è confrontarsi con persone come te
Davide-
mario zacchi ha scritto:L’ argomento è sempre il dito e mai la luna. Il feticismo nei confronti della superficie sostituisce il valore espressivo di tutto ciò che dalla quella superficie si eleva per parlarci, a prescindere da come essa abbia preso corpo (in fotografia). Mi sa, Carlo, che si tratta di una partita persa in partenza. Su questo argomento e negli ambienti dove lo si dibatte si "confrontano" quasi sempre religione e bigottismo che, notoriamente, stanno su sponde opposte. Non si confrontano motivazioni artistiche o scelte espressive, ma semplici pregiudizi. Basta leggere per capirlo.
Ciao Mario
credo che io e Carlo stiamo disquisendo in toni pacati e con controparti razionali due punti di vista che hanno comunque molti più punti in comunque di quanto sembri. Il tuo intervento non aggiunge qualcosa di costruttivo se non etichettare un determinato modo di pensare che nulla ha a che vedere con feticismo o bigottismo se leggi bene gli inetrventi, ho premesso più volte che è un punto di vista più romantico che pratico.
Il fine artistico ed espressivo è importantissimo, e quando esprimo la creatività in determinati modi manipolando fotografie nei più disparati modi sto dando sfogo al mio fine espressivo ed artistico ma non sto facendo fotografia, sto facendo altro, altrettanto valido ed emozionante, ma altro.
Tra il dito e la luna ci sono determinati passaggi, e la luna ha molte e variegate forme.
Grazie anche a te :)
Davide-
nepalese
Una rossa doppio malto, grazie :grin:
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carlo riggi
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Davide L. ha scritto:Però che senso ha fare un fotografia digitale per poi applicare determinati passaggi, ad esempio, per ottenere l'effetto pellicola... o l'effetto vintage o convertire un colori a BN etc.. e ne conosco tanti.
Mi pare che abbiamo definito i contorni del nostro pensiero, i tanti punti di accordo e i circoscritti punti di dissenso.
Quoto questa tua domanda perché io sono uno di coloro che agiscono come dici tu. Lo faccio perché mi sono formato con quel tipo di fotografia ed è quella che amo. Subisco anch'io il fascino di una stampa baritata, ma ultimamente per vari motivi non stampavo più. Anche la mia vita fotografica poco a poco si è sempre più spostata su internet. Di fatto, mi sobbarcavo una fatica immane per sviluppare le pellicole e poi scansirle, per avere alla fine un file digitale... A quel punto ho deciso di fare il passaggio, in modo definitivo e netto. Non è stato facile, mi sono dovuto inventare una disciplina e costringermi a seguirla. All'inizio ho sofferto per l'insufficiente qualità delle stampe bn. Poi ho trovato un equilibrio anche lì, e non esito a definire le mie attuali stampe "sontuose" (concedimi la presunzione), con una qualità certamente maggiore di quella che ottenevo in CO (dove ero una schiappa).
Perché avrei dovuto cambiare stile e gusti? Ho cercato piuttosto, spesso riuscendoci, di adeguare i nuovi strumenti alle mie esigenze. Convinto che col digitale si possono cercare strade nuove ma anche riproporre, senza arrossire, gli stilemi tipici della fotografia di reportage classica. Lo trovi così incoerente?

Mario, si discute di queste cose anche per divertimento. Con Davide è stato uno scambio civilissimo e non dogmatico, ed entrambi sapevamo bene quale fosse la luna e quale il dito.

Marco, "una fotografia analogica portata avanti con mezzi digitali". Potrei dirti di sì, ma anche no... Insomma, non è che quando faccio una partita alla Wii penso veramente di aver giocato a tennis o a golf. Sono consapevole di aver usato un simulatore. Ma con la fotografia è diverso. Conta il materiale (non lo nego) ma conta soprattutto il contenuto, e il percorso con cui lo si è ottenuto. Il mio percorso non è cambiato molto da prima a dopo, anche perché la fotografia per me è un modo di vivere e pensare, prima ancora che di scattare.

Quando si dice che una foto digitale è al 99% perfetta, secondo me si dice una cosa vera ma non giusta. Le foto sono così perfette da quando sono in voga gli automatismi, ben prima dell'avvento del digitale. Bene o male che sia, non attribuirei questa cosa al sensore.
Ma foto "perfetta" non significa buona Fotografia. Per quella occorre, come sempre, il solito mix di sogno, abilità e passione.

Grazie a tutti, ciao
Carlo
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Davide L.
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Ok Carlo :)
Se il tuo fine è comnque quello di avere un file digitale allora la strada che hai intrapreso è sicuramente più pratica e con risultati di sicuro soddisfacenti.
Per me il mezzo digitale è un'altra possibilità di divulgazione, ma la priorità è la stampa. Credo che fotografare a pellicola abbia come fine principale la stampa, dove il negativo da il meglio di se.
I file digitali ormai Sono "sontuosi" (per usare un tuo termine) con i sensori che ora sono sul mercato e via discorrendo, ma sono privi d'anima se non quella che ci mette il fotografo (che è già gran cosa).
E' un po' come ascoltare un assolo di mark knopfler improvvisato dal vivo per 8 minuti dopo la canzone da copione piuttosto ascoltare il CD (con la pur altissima qualità audio che hanno i CD) con la canzone stessa eseguita per i suoi 3.50... :)
Manipolare un file digitale per ottenere l'effetto pellicola non lo condanno e ci mancherebbe però per me la cosa più naturale del mondo è farlo già con la pellicola, il digitale ha un suo binario di linguaggio.
carlo riggi ha scritto: "la fotografia per me è un modo di vivere e pensare, prima ancora che di scattare."
Qua dici una cosa verissima che mi sento di condividere in pieno, ed ognuno ha il suo percorso e la sua via, l'importante è che ci faccia star bene. Giusto? :)

Ciao e grazie a te davvero
Davide-
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marco palomar
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Carlo, ho e uso tuttora una F801s, automatismi autofocus e tutto, ma con una 5d e 24-105 IS presa in mano una mezz'ora (anche se lavorando in esposizione manuale, a dire il vero) ho fatto delle foto a un concerto notturno che mai e poi mai avrei potuto fare su pellicola senza un cavalletto, un ultraluminoso, tanta pazienza, esperienza precedente e decine di rulli buttati alle spalle. Poi, ad esempio, una diapositiva esposta dal più sofisticato degli esposimetri iper-matrix ti può dare quel terzo di stop in più o in meno che ti cambia totalmente l'atmosfera, mentre in digitale con una botta al computer di 10 secondi dai alla foto esattamente la resa che, in coscienza o incoscienza, ti va in quel momento, e magari riprendendo il file tra un anno decidi di usare una chiave totalmente diversa. Questo per dire che l'argomento della semplificazione operativa estrema, del miglioramento della qualità e dell'ampliamento delle possibilità di ripresa è un argomento molto concreto.
Insomma lo strumento digitale è estremamente più potente, è più difficile ottenere foto con qualcosa di sbagliato che corrette ed è per questo che il fotografo si sente in dovere di metterci quel qualcosa in più che non sempre è così positivo.
ma guarda un po'
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carlo riggi
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La diapositiva, in effetti, è un altro discorso. Non è un supporto che in genere si usava nel reportage però, ma piuttosto per foto paesaggistiche, dove esposizione e composizione potevano essere più ponderate.
Il fatto che il digitale dia delle possibilità in più non è un difetto in sé, anche se capisco che possa portare a banalizzare il momento dello scatto. D'altronde, se all'epoca ci avessero proposto una pellicola da 2500 iso a bassa grana non credo che l'avremmo rifiutata.
Spesso, comunque, si discrimina la foto proposta a monitor, secondo che provenga da uno scatto analogico o da uno digitale. Dimenticando che anche la pellicola digitalizzata offre le stesse ampie possibilità di intervento. Il problema dunque non è tanto lo strumento di acquisizione, quanto il medium. Internet ormai è il maggiore mezzo di diffusione della fotografia. A seguire vengono i libri. Per entrambi servono file digitali. Dopo, ma molto dopo, vengono le stampe (e nei musei, anche quelle, almeno per metà sono digitali).

Ciao
Carlo
ExContax
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Ciao Carlo,

dopo aver letto tutto, direi che avete ragione un pò tutti ... quindi digitale sempre con sè e piccola contax con rullino, cosi' non litighiamo e soprattutto non avremo alcuna scusa!

Buona domenica,
Max

ps: pero' una cosa devo ammetterla: non sentivo asslutamente la mancanza del digitale quando non c'era, poi sono stato risucchiato dalle onde...
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