In queste beghe, qualche volta si è perso di vista il fatto che il tema del contendere fosse in ogni caso un'illusione. La fotografia, infatti, è la trasposizione bidimensionale della realtà. Se sulla carta o sul monitor vediamo la "profondità" è perché ci sono dei parametri ottici che ingannano il nostro apparato percettivo.
Talvolta, questi parametri riguardano caratteristiche proprie dell'ottica (una spiccata curvatura di campo, per esempio). Qualche volta hanno a che fare con il senso di "matericità", ed è forse l'elemento che più ha distinto fin da principio il digitale dall'analogico, lì dove però la matericità, talvolta, è stata confusa con la "sporcizia" di scansioni approssimative. Ma, in assoluto, i parametri che supportano maggiormente l'illusione di tridimensionalità sono altri: la luce, il trattamento, la distanza di messa a fuoco, il diaframma.
Poi, solo poi, entrano in gioco le proprietà taumaturgiche del brand o del supporto. Molto importanti queste, invece, nel determinare miraggi e suggestioni...
Queste due fotine sono entrambe digitali, scattate per di più con uno zoomino nipponico. A me sembra che le "braccia" (per citare Riccardo) ci siano entrambe.
Siamo qui per discuterne, sperando di mantenerci "alti", magari anche proponendo altri esempi.

