"Vorrei vedere in esse l'urgenza dello scatto, la necessità fisiologica dell'esserci, la frenesia nel respirare l'attimo, la furia di voler partecipare all'anelito di vita del pianeta."
Non vorrei risultare scortese, ma questo lavoro non mi convince molto. A mio modesto avviso, per un evento del genere -del tutto pubblico e per niente "intimistico", non trovo del tutto convincente la chiave espressiva adottata, dal lo-fi che pure ci può stare, al mancato utilizzo di alcuni "trucchetti" che chi va alle manifestazioni per lavoro conosce bene, e che rendono le foto più "parlanti". Non è un caso che la foto che a me pare migliore sia l'ultima inserita, in cui la descrizione dell'evento latita, a favore di suggestioni stranianti, più vicine a quelle che credo essere le tue corde.
In ogni caso ti va fatto onore di avere scelto una chiave così ostica, e mi rendo perfettamente conto delle difficoltà insite nel fare il "compitino", sulle quali mi pare qualche problema l'abbia avuto anche Carlo Riggi con la sua prima serie; difficoltà che trovo anche io, che non ancora se e come riuscirò a rispettare la scadenza.
Scusa Marco ma per me non e' un evento pubblico, ma davvero molto personale e coinvolgente, non vedo perche' interiorizzarlo ne snaturi le ragioni. Molte poi sono fatte con il telefono non certo per ragioni esclusivamente estetiche
A me piacciono molto ed il racconto c'è.
Su tutte prediligo quelle con la signora bionda, perchè in qualche modo richiamano la prima immagine.
L'ultima è perfetta.
La chiamerei "anestesia".
Perchè stigmatizza un pericolo.
La tv rappresenta tutti i giorni, un enorme flusso di immagini e discorsi sempre uguali, sempre gli stessi.
Alla fine, in questo modo si riesce a nascondere la realtà, più che ad indagarla, ipermostrandola.
Attraverso la monotonia potrebbero definitivamente fare scomparire la realtà dalla coscienza collettiva.
Parlo dell'opinione pubblica e non di quelli direttamente colpiti dal dramma lavorativo, ovvio !
E se il fatto non colpisce l'opinione pubblica, forse è come se non fosse mai accaduto.
Quasi un compagno di Ulisse dei nostri giorni, che al cospetto delle sirene si occluse le orecchie con della cera.
Oggi si usa la cuffia e l'mp3.
Bello Mauro, mi sembra un racconto estremamente denso, ricco di tante umanità.
Mi piace e mi dice. Quasi tutte le immagini hanno un linguaggio che si fa apprezzare a prima vista. E si vede bene che sei particolarmente coinvolto, mentre racconti...
Per me è un buon racconto coerente e toccante per chi, come me ahimè, ha vissuto sulla propria pelle eventi analoghi. Ora sto a parlar qui di fotografia, il peggio sembra essere passato ma i solchi sulla pelle son rimasti.
"Ho impiegato gli anni di accademia per imparare a disegnare come Raffaello,ma non mi basta una vita per imparare a disegnare come un bambino"
(Picasso)
Ciao Mauro,
premetto che non ti conosco (di persona) ma in qualche modo si capisce che la cosa ti tocca molto da vicino.
Forse mi sbaglio ma è la ragione per la quale ogni foto pare "rubata" da un momento che ti vede sia come partecipante coinvolto degli eventi che come fotografo nell' intento di immortalare quello che per te ha un significato, potrei definire ridondanti alcune foto tipo la PA172544 e la PA232558 ma ho provato a leggerle in modo diverso ovvero come quella "ossessione" del fatto vissuto e dei problemi personali che ne derivano. Credo che sia questo che deve fare un racconto che coinvolge in primis chi racconta, parlare del fatto parlando di se, e credo che tu lo abbia centrato in pieno.
Ripeto magari mi sbaglio ma questo solo tu puoi dirlo.
Complimenti.