Quando acquistai l'obiettivo di cui in oggetto la sua produzione era a regime da 4-5 anni, e complice anche il relativo test di TF la sua resa ottica era molto chiacchierata: in sostanza, si discuteva sulla reale utilità pratica di un obiettivo macro che - almeno sull'asse - è quasi diffraction-limited, e fornisce la massima incisione (in realtà davvero elevatissima) ai diaframmi più aperti, ovvero f/2,8 ed f/4, mentre ad f/5,6 l'asse comincia già a flettere leggermente e alle aperture successive (quelle effettivamente più idonee alla macro) la resa scende ai livelli più umani dei migliori e più economici concorrenti.
Il dilemma era dunque se darsi alla macro "artistica", scattando a tutta apertura o quasi e sfruttando il sottilissimo e tagliente piano di fuoco a scopo creativo, o lavorare in modo convenzionale, per esempio ad f/16, rinunciando a quel plusvalore che doveva giustificare l'elevatissimo prezzo di acquisto.
Io stesso passai attraverso questi "patimenti", rarefacendo nel tempo l'impiego di questo pezzo da novanta... L'avvento del digitale ed i relativi miracoli permessi dai moderni software mi hanno permesso di trovare la quadratura del cerchio: grazie ai software di stacking (solitamente utilizzati il microfotografia) posso eseguire diversi scatti a diaframma molto aperto (dove il pregiato 100mm Leica R non ha rivali per risoluzione pura), avanzando con uno stepper il piano di fuoco fra uno scatto e l'altro di una misura pari alla tolleranza di profondità di campo (tenendo comunque un certo overlap di sicurezza); il soft di stacking provvede a selezionare da ogni fotogramma solamente il piano di fuoco nitido, assemblando in un unico file le porzioni a fuoco prelevate da tutte le immagini successive, ottenendo così (come avviene nei microscopi a scansione) un'immagine finale tutta a fuoco.
Nell'esempio allegato, ho riprodotto il dettaglio di una Nikkormat EL con Canon EOS 5D e Leica Apo-Macro-Elmarit-R 100/2,8 a diaframma f/4,8 (condizione di utilizzo che, a mio giudizio, garantisce il miglior rapporto fra risoluzione, PDC e diffrazione), con rapporto di riproduzione 1:2, il massimo consentito dall'obiettivo senza Apo-Elpro; con queste specifiche la profondità di campo è ovviamente ridottissima, ed ho eseguito 18 scatti successivi, partendo dal piano di fuoco anteriore (la leva di carica) ed avanzando di 1mm per ogni successiva esposizione, per cui la serie di scatti copre con estrema nitidezza un range di profondità virtuale da 18mm.
Il successivo stacking ha combinato le zone nitide di tutte le immagini, ed il risultato finale è quello degli esempi allegati: immagine con molta PDC ma molto più nitida di un equivalente scatto singolo, forzatamente ottenuto con diaframma estremamente chiuso e subendo il degrado introdotto da una pesante diffrazione.
In questo modo posso "riciclare" nell'uso pratico l'Apo-Macro-Elmarit-R, sfruttandolo senza remore alle elevate aperture dove eccelle.



oops...
Marco