La giostra (9 foto)

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simone toson
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carlo riggi ha scritto:@ Stefano

° non basta mettere insieme fotografie scattate nello stesso posto per farne un reportage;

E su questo credo che possiamo dirci tutti d'accordo.



° non basta una sequenza - più o meno cronologica - per farne un racconto;
° non basta fotografare gli stessi oggetti/elementi per farne una serie.


Qui invece avrei da eccepire.
Di che "racconto" e di che "serie" stiamo parlando?
Mentre credo che il reportage abbia precise specifiche, il suo bisogno di completezza narrativa (pur a volte racchiusa in un'unica foto), e la sua esigenza di cogliere il doppio fondo degli eventi, onde non farsi semplice riproduzione di fatti percepiti, gli altri due concetti sfuggono a una simile codifica.
Come si fa a dire che una raccolta di elementi simili non sia una serie, tanto più se, come nel caso della mia giostra, ripresi all'interno di un unico intento, di una medesima emozione, con lo stesso timbro tonale?
E come si fa a non definire racconto una sequenza cronologica? Essa è "racconto", se non altro di un tempo trascorso, quello dell'autore. O si vuole che il racconto abbia a protagonista sempre il soggetto? Quello al di là dell'obiettivo?
Il fatto è Carlo, che qui, non si percepisce il tuo intento. Cosa vuoi raccontare? Perché ce lo vuoi raccontare? Io credo che tu non ci voglia raccontare una semplice giostra (abbandonata?) ma soprattutto, grazie anche al tuo stile, tu voglia fra trasparire delle sensazioni (ovviamente) e far respirare un luogo, una situazione. Mi mancano anche due righe di presentazione ad esempio.
Io (sottolineo io) non riesco ad andare oltre un'insieme di alcune belle, altre meno, fotografie che non rendono un'intenzione.
Non basta fotografare gli stessi oggetti/elementi per farne una serie è questo il questo il caso per me.
Quando i commenti di una serie di foto sono bella la 3 e la 5 (ad esempio) vuol dire che qualcosa non va.
Io non riesco a soffermarmi su una singola foto perché nella serie è più bella, ed è per questo che non riesco a commentare, non so che dire. Nell'insieme la serie non mi funziona.
In questa serie, La Giostra, esce molto l'autore ma, onestamente, il soggetto sarebbe molto più interessante.
Inoltre l'ultima foto (gran bella) mi spiazza ma non capisco perché è lì.

PS: Con Revé non è stato così e non sarà mai così mentre con la mia Accademia del Circo, alla fine (ahimè) è così. Non ho raccontato l'Accademia, ho registrato gli esercizi in palestra (più o meno). Ci tornerò, forse.
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carlo riggi
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Torniamo alla definizione di serie.
Penso che tu intenda per tale un prodotto a se stante, integrato, il cui significato vada oltre la sommatoria delle singole foto.
Se è così, ti dico che Icons voleva essere tale (e certamente anche Rêve), ma queste della giostra sono frammenti (visivi, emozionali) che non vogliono necessariamente costituire un prodotto unitario.
Che costituiscano una "serie", tuttavia, almeno nel senso comune del termine, è difficile da confutare.

Per allargare il discorso, pensa alle foro di Moriyama. Cosa sono?
Di sicuro non reportage; non "serie" in senso stretto (quello che sembra intenda tu); ma alla fine costituiscono un repertorio visivo che si fa racconto proprio a partire dalla loro frammentazione, che ne costituisce l'aspetto unificante.
Di nuovo torniamo alla priorità dell'autore. Ma per me così dev'essere, a meno che non si tratti di reportage (ma non illudiamoci che lì l'autore non c'entri).
Ciao
Carlo
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simone toson
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carlo riggi ha scritto:ma queste della giostra sono frammenti (visivi, emozionali) che non vogliono necessariamente costituire un prodotto unitario.
Che costituiscano una "serie", tuttavia, almeno nel senso comune del termine, è difficile da confutare.

Per allargare il discorso, pensa alle foro di Moriyama. Cosa sono?
Di sicuro non reportage; non "serie" in senso stretto (quello che sembra intenda tu); ma alla fine costituiscono un repertorio visivo che si fa racconto proprio a partire dalla loro frammentazione, che ne costituisce l'aspetto unificante.
Di nuovo torniamo alla priorità dell'autore. Ma per me così dev'essere, a meno che non si tratti di reportage (ma non illudiamoci che lì l'autore non c'entri).
Certo, in questo caso allora ti dico che mi piacciono molto la 3, la 7, la 8 e la 9.
Nonostante questo, rimango con l'acquolina in bocca.. :)

Che costituiscano una "serie", tuttavia, almeno nel senso comune del termine, è difficile da confutare.

Su questo non c'è dubbio, ma noi siamo o non siamo alla ricerca del senso non comune del termine? Altrimenti ci limitiamo a registrare..

Nella fotografia di Moriyama vedo un filo conduttore sempre presente in foto totalmente diverse e lo stile è il mezzo che ne identifica la sua potente personalità.

Poi Carlo, questo post è uno spunto per andare oltre il bello, mi piace, preferisco questa.
E' quello che vogliamo, giusto? :grin:
Massimo, ad esempio, la serie l'ha vista ed ha spiegato le sue sensazioni.
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carlo riggi
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simone toson ha scritto: Che costituiscano una "serie", tuttavia, almeno nel senso comune del termine, è difficile da confutare.

Su questo non c'è dubbio, ma noi siamo o non siamo alla ricerca del senso non comune del termine? Altrimenti ci limitiamo a registrare..
Ah be', per quanto mi riguarda, potremmo anche liberarci di certi termini, se generano equivoci. :)
Ciao
Carlo
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Stefano Tambalo
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carlo riggi ha scritto:...E su questo credo che possiamo dirci tutti d'accordo.
° non basta una sequenza - più o meno cronologica - per farne un racconto;
° non basta fotografare gli stessi oggetti/elementi per farne una serie.

Qui invece avrei da eccepire.
Di che "racconto" e di che "serie" stiamo parlando?
Mentre credo che il reportage abbia precise specifiche, il suo bisogno di completezza narrativa (pur a volte racchiusa in un'unica foto), e la sua esigenza di cogliere il doppio fondo degli eventi, onde non farsi semplice riproduzione di fatti percepiti, gli altri due concetti sfuggono a una simile codifica.
Come si fa a dire che una raccolta di elementi simili non sia una serie, tanto più se, come nel caso della mia giostra, ripresi all'interno di un unico intento, di una medesima emozione, con lo stesso timbro tonale?
Vero. Nello specifico, già la quasi alternanza di mosso/nitido - a mio sentire - interrompe l'omogeneità. La casa dei fantasmi è didascalica, non sta nel mazzo; ci sono delle ripetizioni (la giostra calci, interpretata più volte), l'attenzione si sposta dall'abbandono, alla geometria, al surreale; non so, non colgo l'unità di emozione. Non leggo la serializzazione, l'elemento unificante, il tic del metronomo. Poi magari è più profondo (tu non scatti mai "oggettivo" e quasi mai ad minchiam :-) ) e l'emozione semplicemente non la vedo, ma in Reve e ICONS è molto chiara, anche in certe processioni. Le vetrine di Luca erano invece una raccolta per me, come scrissi in quell'occasione.
carlo riggi ha scritto: E come si fa a non definire racconto una sequenza cronologica? Essa è "racconto", se non altro di un tempo trascorso, quello dell'autore. O si vuole che il racconto abbia a protagonista sempre il soggetto? Quello al di là dell'obiettivo?
Penso che una sequenza cronologica a volte coincide col racconto, magari ne costituisce la base, ma non necessariamente lo risolve. Nemmeno un reportage di matrimonio è scontato sia sequenza cronologica, pur se forzatamente condizionato da azioni ben scandite dal tempo. C'è di mezzo il rapporto fra le fotografie, l'interpretazione della storia, l'ambiguità della foto muta che, scattata per un motivo, può venir buona per rappresentare/introdurre/completare altro, non per forza in continuo con la storia.
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carlo riggi
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Stefano Tambalo ha scritto: Penso che una sequenza cronologica a volte coincide col racconto, magari ne costituisce la base, ma non necessariamente lo risolve. Nemmeno un reportage di matrimonio è scontato sia sequenza cronologica, pur se forzatamente condizionato da azioni ben scandite dal tempo. C'è di mezzo il rapporto fra le fotografie, l'interpretazione della storia, l'ambiguità della foto muta che, scattata per un motivo, può venir buona per rappresentare/introdurre/completare altro, non per forza in continuo con la storia.
Io credo che tu pensi ad una storia che conosci già, che sai già in che modo dovrebbe andare a finire.
A me interessano di più le storie che non conosco, e che intravvedo, magari a occhi socchiusi, all'interno di una proposta. Meglio ancora se questa storia risulta sconosciuta (almeno parzialmente) allo stesso autore.
Ciao
Carlo
cliqueur
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Guardate per esempio la storia del gondoliere di Alex Majoli (sta sul vecchio catalogo Leica, quello con la M9).

Non credo assolutamente che tutte le fotografie siano presentate nell'ordine temporale in cui sono state riprese.
C'è una scena iniziale che ci dice dove siamo e che parliamo di mare e di barche e di rematori.
Poi c'è una parte che racconta la giornata del gondoliere.
Poi la presentazione del mestiere del gondoliere, le sue relazioni.
I dettagli sullo strumento: la gondola, i remi, lo squero.
L'attività di navigazione
La conclusione della giornata.

Una storia.

Le serie di Steve McCurry (le posta su http://stevemccurrystudios.tumblr.com/) hanno legami molto più flebili. Le fotografie riprendono scene molto diverse tra loro ed a volte si fa fatica a capire il legame (McCurry lo scrive in fondo).

E' ovvio che legami chiari danno certezza, riducono l'ansia da ambiguità. Ma non direi che sono condizioni imprescindibili.

(Continua)
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Stefano Tambalo
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carlo riggi ha scritto: Io credo che tu pensi ad una storia che conosci già, che sai già in che modo dovrebbe andare a finire.
A me interessano di più le storie che non conosco, e che intravvedo, magari a occhi socchiusi, all'interno di una proposta. Meglio ancora se questa storia risulta sconosciuta (almeno parzialmente) allo stesso autore.
Nope. Per questo dico che la sequenza cronologica non sempre è adatta al racconto, i racconti finiscono anche in modo diverso dal finale temporale.

E le proposte le guardo tutte a occhi socchiusi, perché le storie dietro sono tutte a me sconosciute.
cliqueur
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questa cosa del "non basta" non basta.

Io qualcosa nel mio post ho scritto. Ma forse il mio post rientra in una della quattro ipotesi.
  • 1. o lo scritto è di una pallosità spaziale
    2. o tutti sanno già tutto, e si applica il punto 1
    3. o nessuno è realmente interessato a raccontare storie per immagini o quasi nessuno ne ha fatto realmente esperienza.
    4. o pochi lo hanno letto - certo, è lunghetto - e torniamo al punto 1.
Come ho scritto sopra, Steve McCurry se ne frega e propone nessi assolutamente deboli.
Del resto, perché i nessi debbono essere sempre evidenti e forti? Vorrebbe dire che ogni serie deve essere chiara e autoesplicativa.
Non sono d'accordo. I nessi in una serie a tema possono essere anche metafisici.

Quello di Carlo non è un racconto, ma è una serie a tema.
Le mie vetrine lo stesso.
Gli asparagi sono un racconto, ciò che manca lo sa solo Simone.
Amara e Bella è un racconto, magari poteva essere sviluppata un po' di più qualche prospettiva, ma secondo me ci sta.
Ciao,
Luca
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Ezio66
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Tutte molto belle..la terza ha una marcia in più .. rappresenta, a mio avviso, tutta la fatica e la dura vita dei giostrai...
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carlo riggi
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Grazie Ezio!
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A me la serie sul tema la giostra piace. Il racconto funziona. Mi trasmette sensazioni oniriche, di vuoto e di abbandono.
La trovo ben riuscita, tra la 3, la 4 e la 8 avrei scelto la 3 e scartato le altre due.
Ciao,
Luca
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noctorius
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Direi un gran bel reportage sulla desolazione del circo e della zona; peccato manchino spunti sulla gente, ma è desolazione.

Non faccio scelte: son tutte belle e soprattutto ben fatte.
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carlo riggi
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Grazie Luca e Rufus!
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Carlo
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Stefano Tambalo
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Luca A Remotti ha scritto:questa cosa del "non basta" non basta.

Io qualcosa nel mio post ho scritto. Ma forse il mio post rientra in una della quattro ipotesi.
  • 1. o lo scritto è di una pallosità spaziale
    2. o tutti sanno già tutto, e si applica il punto 1
    3. o nessuno è realmente interessato a raccontare storie per immagini o quasi nessuno ne ha fatto realmente esperienza.
    4. o pochi lo hanno letto - certo, è lunghetto - e torniamo al punto 1.
Come ho scritto sopra, Steve McCurry se ne frega e propone nessi assolutamente deboli.
Del resto, perché i nessi debbono essere sempre evidenti e forti? Vorrebbe dire che ogni serie deve essere chiara e autoesplicativa.
Non sono d'accordo. I nessi in una serie a tema possono essere anche metafisici.
Concordo, ma ho anche detto che ci sto pensando e il "non basta" è la base di quello di cui mi sono convinto.
Non credo di aver mai detto che i nessi debbano essere chiari e immediati ma basta che ci siano, anche attribuiti a posteriori, e in ogni caso veri e non presunti o stiracchiati.
I nessi metafisici sono buoni per le retrospettive e le antologie, secondo me. Escono da un volume di materiale consistente e non da una serie a tema limitata nel tempo.
Luca A Remotti ha scritto: Quello di Carlo non è un racconto, ma è una serie a tema.
Le mie vetrine lo stesso.
Gli asparagi sono un racconto, ciò che manca lo sa solo Simone.
Amara e Bella è un racconto, magari poteva essere sviluppata un po' di più qualche prospettiva, ma secondo me ci sta.
Ciao,
Luca
In una serie cerco il ritmo, in un reportage la descrizione e in un racconto il coinvolgimento, prima di tutto il resto.
Con questo non voglio convincere nessuno, vado a sensazione come tutti ma ho una checklist, come le 5w: perché apre/chiude così? perché in questo ordine? questa foto serve per sostenere/spiegare/contrastare/completare le altre? Se non rispondo diventa "bella la x e bella la y" che siano giostre, vetrine o asparagi.
- Italians, o quel Cimitero Diffuso che tanto mi era piaciuto, sono serie ritmate (sto lavorando a una serie di ritratti con soluzioni simili);
- Gli asparagi non sono un racconto, sono documento - filtrato dalla visione e dalle scelte dell'autore ecc. ecc. - ma niente di emozionale oltre allo stomaco pieno (god save the asparagous) e l'empatia necessaria a completare il lavoro;
- La Cina di Ruscelli è un racconto fortemente mediato dalle esperienze;
- Amara e Bella assomiglia molto a un racconto - pur se a posteriori - per la partecipazione dell'autore e grazie ad una buona componente di dimensione temporale. Senza nulla togliere alla evidente qualità fotografica, non tanto tecnica quanto emozionale, se fossimo nel 1970 avremmo (io sicuramente) commentato molti scatti con "buone per l'album di famiglia", "registro del quotidiano". Le stampe con bordo a zigzag nella scatola che mia nonna custodisce gelosamente non sono molto diverse (tipo questa).

Boh, forse sto solo overclassificando.
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