Etica e Kitsch

Sezione Principale - Fotografie e Passioni

Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi

abschied
Messaggi: 658
Iscritto il: mar gen 27, 2009 5:11 pm
Località: Milano
Riapro qui un'interessante discussione suscitata da Luca in occasione della presentazione su Flickr di tre mie fotografie di senza tetto:

Immagine

Immagine

Immagine

Le critiche sollevate più frequentemente nei confronti di questo tipo di soggetti sono essenzialmente due. Da un lato si può obbiettare che mostrare l'estremo disagio in cui versarsano alcuni esseri umani è eticamente riprovevole. D'altro canto, sul piano più prettamente formale, si può notare che questi soggetti sono riproposti così frequentemente e senza una particolare giustificazione, da giustificare l'accusa di Kitsch. Mi piacerebbe avere il vostro parere sulla validità di queste critiche.
Paolo Viviani
http://www.flickr.com/photos/86176478@N00/
Avatar utente
PIERPAOLO
Messaggi: 1932
Iscritto il: mar feb 20, 2007 8:56 am
Località: MODENA
gente disagiata si può trovare dappertutto, anche alla stazione di Modena, ma ci sono differenze tra disagiati e quelli che in inglese si chiamano 'homeless', ovvero senza casa o senza fissa dimora. In un mio viaggio in Australia, nelle grandi città come Sidney e Melbourne (che complessivamente fanno 10 milioni di abitanti su un complesso di 25 milioni), si trova una popolazione veramente consistente di homeless, ovvero persone che non chiedono nulla, niente elemosina, o lavavetri, e non disturbano nessuno. Si tratta di un fenomeno veramente importante: gente che ha perso la casa, o la famiglia, o ha avuto problemi con la legge ed è stata progressivamente emarginata, ed ormai vive ai margini perchè non vuole o riesce a rientrare in un tipo di società che rifiuta. In un mio vasto reportage ho inserito diverse immagini di queste persone, proprio perchè si tratta di un fenomeno ampio e conosciuto (localmente) a cui la popolazione neanche dedica uno sguardo o un moto di commiserazione.
Ci sono organizzazioni di volontari, specie religiose, che si occupano di pasti e talvolta di ospitarli.
Loro l'hanno scelto e loro se lo gestiscono.
Credo che in questo contesto questo genere di foto aiuti a capire un diverso aspetto di una civiltà lontana, che crediamo simile alla nostra ma non lo è

Pierpaolo
Allegati
226.JPG
cliqueur
Messaggi: 2092
Iscritto il: lun ago 05, 2013 9:08 am
Contatta:
Penso che si possa fare tutto.

Per l'aspetto etico direi che va gestito direttamente all'atto della ripresa, palesando direttamente le proprie intenzioni e cercando di capire quali siano le preferenze del/dei soggetto/soggetti fotografati.
Mi sento poi di citare Paolo Pellegrin, che dice "il mio dovere è di ritrarre la persona nel miglior modo possibile". E lui è uno che a Gaza ha direttamente ripreso la sofferenza ed i feriti, senza filtri.

In relazione alla domanda se questo tipo di immagini si possa definire "Kitsch" direi non più di "tramonti e gattini". Se il fotografo ne ha l'intenzione, può provare a incamminarsi su un percorso di senso, cioè interrogarsi su cosa una o più fotografie di un certo soggetto aggiungano al corpus universale di immagini.
mario zacchi
Messaggi: 522
Iscritto il: ven nov 05, 2010 6:12 pm
Dipende dallo scopo e mi pare che il commento di Pierpaolo tocchi questo aspetto.
A me colpisce la normalità con cui spesso sono considerati oggetto di fotografia.

Sembra sfuggire che ogni scatto è prendere qualcosa per sé comunque.
Prendersi un tramonto non è come prendersi qualcosa di una persona.
Se con c' è un valido motivo, non va fatto.
cliqueur
Messaggi: 2092
Iscritto il: lun ago 05, 2013 9:08 am
Contatta:
mario zacchi ha scritto:Sembra sfuggire che ogni scatto è prendere qualcosa per sé comunque.
No, no, non mi sfugge:
Luca A Remotti ha scritto:palesando direttamente le proprie intenzioni e cercando di capire quali siano le preferenze del/dei soggetto/soggetti fotografati.
Che è un altro modo per sostenere che:
mario zacchi ha scritto:Se con c' è un valido motivo, non va fatto.
Sta tutto nel "valido motivo". Un bravo fotografo documentario è consapevole e sa condividere con il suo soggetto i propri motivi.
abschied
Messaggi: 658
Iscritto il: mar gen 27, 2009 5:11 pm
Località: Milano
Luca, puoi chiarire cosa intendi precisamente scrivendo "Un bravo fotografo [...] sa condividere con il suo soggetto i propri motivi." Avrei dovuto forse spiegar loro perché li fotografavo, oppure semplicemente chiedere il permesso di farlo?
Paolo Viviani
http://www.flickr.com/photos/86176478@N00/
cliqueur
Messaggi: 2092
Iscritto il: lun ago 05, 2013 9:08 am
Contatta:
Caro Paolo,
non credo esista un approccio standard, come non credo esista un approccio standard alla fotografia tout-court.

Ogni volta che fotografiamo una persona, di qualsiasi genere, interagiamo con essa in base al nostro modo di essere ed alla situazione del momento. Personalmente ho in mente tantissime situazioni di ripresa nelle quali
  • - ho chiesto
  • - non ho chiesto
  • - ho spiegato
  • - non ho detto nulla
  • - ho parlato
  • - ho sorriso
  • - ho ringraziato
  • - ho accennato un gesto senza parlare
  • - mi sono messo li con evidenti intenzioni
  • - soggetti si sono nascosti per non essere fotografati
  • - soggetti hanno mostrato disappunto quando li fotografavo
  • - soggetti mi hanno fatto chiaramente capire di non voler essere fotografati.
Io stesso sono stato fotografato ed ho scoperto che non mi piace essere colto di sorpresa.

L'unica cosa indispensabile secondo me è non nascondere l'intenzione con un atteggiamento da cecchino, Philip-Lorca diCorcia lo ha fatto e si è beccato anche una causa. Ma io non sono diCorcia. L'uso dell'immagine è da lungo tempo oggetto di controversie, pensiamo alle dispute che hanno generato la Migrant Mother, o la foto di Nick Ut, o quella di Kevin Carter in Sudan, o quella di Eddie Adams in Vietnam.

La vita, ed anche la fotografia, ci presentano continuamente scelte e valutazioni di trade-off ed anche la documentazione e la libera espressione incorporano valori da preservare.
Fai come preferisci, io non giudico, al massimo faccio una domanda.
abschied
Messaggi: 658
Iscritto il: mar gen 27, 2009 5:11 pm
Località: Milano
Caro Luca,
Capisco il tuo punto di vista che so essere motivato, e che peraltro è condiviso da un numero crescente di fotografi. Io però non sono fra questi. Sono convinto che la ragion d'essere fondamentale della fotografia è quella di documentare un dato di realtà, che sia il paesaggio da cartolina di Napoli con il pino ed il Vesuvio o il bambino con le braccia alzate nel getto di Varsavia. Partendo da questo assunto ne deriva la convinzione che il fotografo debba essere altrettanto distaccato dalla realtà che documenta di quanto lo debba essere il poliziotto che redige il verbale di una denunzia. Soprattutto nel caso in cui si documentano delle vicissitudine umane, magari strazianti, esse devono poter essere trasmesse a chi guarda l'immagine senza il filtro della sensibilità del fotografo. A questo proposito mi vengono in mente le fotografie di Ernst Haas scattate nel 1947 alla stazione di Vienna all'arrivo dei pochi sopravvissuti alla prigiona in Russia.

Immagine
Immagine

Come potrebbe mai Haas aver permesso che l'emozione - che sicuramente egli avrà provato in quel momento - interferisse con la drammatica contrapposizione fra la felicità del reduce per aver ritrovato la sua famiglia e la disperazione della madre che, mostrando la fotografia del figlio, spera invano che qualcuno possa averlo visto vivo?
Ultima modifica di abschied il lun dic 07, 2020 6:38 pm, modificato 1 volta in totale.
Paolo Viviani
http://www.flickr.com/photos/86176478@N00/
Avatar utente
PIERPAOLO
Messaggi: 1932
Iscritto il: mar feb 20, 2007 8:56 am
Località: MODENA
ho conosciuto per un breve momento Ernst Haas a Venezia nel 1979: fece vedere esclusivamente diapositive colore di immagini per cui è diventato famoso. Bellissime e innovative per l'epoca, mi colpirono e mi influenzarono molto, visto che molte erano di natura ed allora lavoravo per il WWF. Conoscevo bene il suo reportage sui reduci di guerra, ma dopo, a mente fredda, ripensai al fatto che aveva completamente abbandonato quel genere per diventare un poeta del colore. Forse e dico forse, anche per lui, la terribile dicotomia della realtà (felicità e dramma nella stessa immagine) era già troppo ed ha preferito abbandonare questa poetica del dolore, che invece ha reso celebre, ad esempio Salgado.
Rimane a mio parere valido il principio che l'immagine (o la sequenza) deve raccontare una storia o spiegare una situazione: l'immagine di un poveretto che soffre, vista da sola, è facile e se vogliamo anche scontata.
Le immagini che ho ripreso a Bombay sono invece, ad esempio, una spiegazione di come vive una larga fetta della popolazione, come appunto anche le immagini, come detto sopra, del fenomeno degli Homeless nella realtà urbana australiana.
Il disagio esiste e fotografare solo le immagini rutilanti è raccontare una mezza verità, o se vogliamo, la parte migliore (o esteriore) della verità.
L'India non è solo i magnifici palazzi dei Maraja ma anche....una folla infinita di realtà difficilmente digeribili, a volte

Pierpaolo

-----
sotto Homeless australiano: non chiedeva niente, viveva in strada ed ha annuito quando ho fatto cenno di fotografare. Una realtà, amara, di un paese che si crede ricco
Allegati
L1030836.JPG
cliqueur
Messaggi: 2092
Iscritto il: lun ago 05, 2013 9:08 am
Contatta:
abschied ha scritto:Sono convinto che la ragion d'essere fondamentale della fotografia è quella di documentare un dato di realtà, che sia il paesaggio da cartolina di Napoli con il pino ed il Vesuvio o il bambino con le braccia alzate nel getto di Varsavia.
Sono d'accordo. Per questo ho citato i fotografi che ho citato, tra i tanti che hanno fatto fotografie scomode e importanti. La documentazione serve ed è indispensabile la fotografia di documentazione.

E concordo con Pierpaolo
PIERPAOLO ha scritto:l'immagine (o la sequenza) deve raccontare una storia o spiegare una situazione: l'immagine di un poveretto che soffre, vista da sola, è facile e se vogliamo anche scontata.
che poi significa che è doveroso far conoscere, quindi documentare.
Luca A Remotti ha scritto:Mi sento poi di citare Paolo Pellegrin, che dice "il mio dovere è di ritrarre la persona nel miglior modo possibile". E lui è uno che a Gaza ha direttamente ripreso la sofferenza ed i feriti, senza filtri.
Avatar utente
luca rubbi
Messaggi: 7685
Iscritto il: lun dic 11, 2006 4:39 pm
Località: Milano
Contatta:
abschied ha scritto: Come potrebbe mai Haas aver permesso che l'emozione - che sicuramente egli avrà provato in quel momento - interferisse con la drammatica contrapposizione fra la felicità del reduce per aver ritrovato la sua famiglia e la disperazione della madre che, mostrando la fotografia del figlio, spera invano che qualcuno possa averlo visto vivo?
Mi ha sempre colpito una frase di Eugene Smith, vado a memoria.

"Quando fotografo posso anche piangere ma non perdo mai il controllo"

Ciao Luca
http://lucarubbi.blogspot.com/
http://lucarubbi.carbonmade.com/
http://lucarubbimuserotike.carbonmade.com/
mario zacchi
Messaggi: 522
Iscritto il: ven nov 05, 2010 6:12 pm
Rispondo a Luca (Remotti) riguardo il valido motivo che per me non ha a che vedere con la bravura del fotografo, qualsiasi cosa voglia dire bravo fotografo (estetica, rapidità, intuito, spettacolarità, ecc.).

Valido, per me, è se serve a loro in qualche modo. Alla loro causa, intendo. Se serve, allora possiamo discutere del come: l'approccio. E poi discutere anche se una foto è buona o meno buona perché è ovvio farlo, posto che, comunque, una buona foto scattata senza un valido motivo resta buona in sé. Buona, cioè, come prodotto dell'arte fotografica.

Può darsi che sia per un mio atteggiamento pregiudiziale, ma ho sempre avuto l'impressione che molta di questa fotografia sia scattata per sé stessi, più o meno come la foto ad un tramonto.
cliqueur
Messaggi: 2092
Iscritto il: lun ago 05, 2013 9:08 am
Contatta:
mario zacchi ha scritto:Valido, per me, è se serve a loro in qualche modo. Alla loro causa, intendo. Se serve, allora possiamo discutere del come: l'approccio.
Grazie della risposta. Concordo. È quello che intendo quando parlo di senso.

Non ho mai pensato al “bravo fotografo”. Per quel che vedo, la bravura non riguarda la fotografia in se. Ma sarebbe un discorso molto lungo.
Rispondi