La fotografia è “altro”

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cliqueur
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Rappresenta materia, struttura la materia. Nasce come qualcosa che si prende in mano, si tocca, si appende ad un muro.

La sua genesi è fisica, richiede lo stare in luoghi, calpestare la terra. Per quanto possa essere lunga la focale il fotografo è lì. Senza voler scomodare Capa.

La fotografia è relazione fisica, con persone, situazioni, luoghi, richiede interazioni, interlocuzione, convincimento.

Una fotografia funziona se spinge l’osservatore a voler essere in quel luogo, a partecipare a quella relazione, a sapere di più. Se contiene quell’elemento che salta fuori e ci colpisce. Altrimenti sarà sempre e solo una rappresentazione pedissequa e didascalica del mondo che tutti, sempre, vedono.

Non può essere il punto di partenza l’analisi fredda dell’aspetto tecnico, quella si può fare dopo, se proprio si vuole.

La fotografia è “altro”, che presentiamo, rappresentiamo, in due dimensioni. È vita, seppur trasfigurata.
cliqueur
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In questo tempo nel quale siamo tutti inondati da fotografie che ciascuno fa in ogni momento, personalmente vorrei vedere fotografie che mi mostrano questo "altro". Certo non l'ennesima fotografia di Henri Cartier-Bresson, pioniere del suo tempo - ma era 90 anni fa e si è ritirato 46 anni fa - e, con tutto l'affetto, nemmeno l'ennesima riproduzione dell'opera di Henri Cartier-Bresson da parte di un suo (moderno) epigone.

Cito HCB ma potrei mettere qualsiasi nome di fotografe/i famosi.

Credo che il problema sia che ogni "scattista" ricomincia sempre dall'inizio. Un amico di abschied mi disse "ci comportiamo come se davanti ad una scena fossimo il primo uomo o la prima donna che la vede e che si sente spinta/o a riprenderla".

Personalmente questo è quello da cui rifuggo.

Poi, è chiaro, ogni cosa va bene, ciascuno fa quello che vuole, ovviamente.
cliqueur
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cliqueur ha scritto:Poi, è chiaro, ogni cosa va bene, ciascuno fa quello che vuole, ovviamente.
Ma non è detto che io debba essere obbligato non dico a considerare tutto quello che viene proposto, ma nemmeno a guardarlo.

Siamo all'incrocio di flussi di comunicazione normalmente privi di qualsiasi filtro, ed il corollario è "questa fotografia la volevo così" ovvero "io sono così e così mi sento di agire".

Come dice Parr - uno estremamente creativo, feroce nella sua rappresentazione della società - ai suoi allievi: "trovate le vostra voce per evitare di rifare qualcosa che prima di voi un'altra ha già fatto, e tanto meglio di voi".

E non è solo un fenomeno circoscritto alle piattaforme internet: ho visto pubblicazioni di editori prestigiosi, prodotte da editor di nome, coinvolgendo critici della fotografia famosi e marchi fotografici importanti, basati su materiale di livello assolutamente dilettantistico. Spesso è l'aura che conta, l'effetto alone. E la rete di relazioni, l'endorsement a prescindere.

Il re è nudo.

E ognuno in una fotografia vede quello che sa (cit. Grazia Neri).
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luca rubbi
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cliqueur ha scritto:
cliqueur ha scritto:Poi, è chiaro, ogni cosa va bene, ciascuno fa quello che vuole, ovviamente.
Ma non è detto che io debba essere obbligato non dico a considerare tutto quello che viene proposto, ma nemmeno a guardarlo.

Siamo all'incrocio di flussi di comunicazione normalmente privi di qualsiasi filtro, ed il corollario è "questa fotografia la volevo così" ovvero "io sono così e così mi sento di agire".

Come dice Parr - uno estremamente creativo, feroce nella sua rappresentazione della società - ai suoi allievi: "trovate le vostra voce per evitare di rifare qualcosa che prima di voi un'altra ha già fatto, e tanto meglio di voi".

E non è solo un fenomeno circoscritto alle piattaforme internet: ho visto pubblicazioni di editori prestigiosi, prodotte da editor di nome, coinvolgendo critici della fotografia famosi e marchi fotografici importanti, basati su materiale di livello assolutamente dilettantistico. Spesso è l'aura che conta, l'effetto alone. E la rete di relazioni, l'endorsement a prescindere.

Il re è nudo.

E ognuno in una fotografia vede quello che sa (cit. Grazia Neri).
Su questo non ci sono dubbi.
Il tuo post è molto interessante, non capisco perché nessuno intervenga, io purtroppo sono abbastanza rincoglionito da tutte le medicine che prendo.

Ciao
Luca
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luca rubbi ha scritto:Il tuo post è molto interessante.
Grazie Luca.

Sono riflessioni di molti anni e credo io stia arrivando ad una qualche sintesi. Questa modalità "in pillole" mi sembra più agile dei concioni che facevo.

Sto trovando lavori estremamente moderni e interessanti. Ne parlo qui e mi sono anche occupato molto approfonditamente di HCB, autore importantissimo, misconosciuto e mal interpretato, un precursore, ma pur sempre di oltre 70 anni fa! Quando lo sento arruolato tra gli "street photographer" mi viene l'orticaria.
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[schyter]
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è fuori dalla mia portata ...
Cos'è la fotografia pinhole? Come dire che si sente un leggero fruscio ascoltando un vecchio 78 giri su un grammofono a manovella! ;/)

La perfezione ha un grande difetto, tende ad essere noiosa. ;/)
cliqueur
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[schyter] ha scritto:è fuori dalla mia portata ...
Non credo.
Prova a chiedere.
Ma non ti aspettare regole. Sono solo attrezzi del mestiere e storie che raccontano il loro uso.
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cliqueur ha scritto:Non credo.
Prova a chiedere.
Ma non ti aspettare regole. Sono solo attrezzi del mestiere e storie che raccontano il loro uso.
No, no ... non ci ho capito proprio niente; nemmeno una parola ... sono discorsi troppo "alti" per me... culturalmente, intendo. Ed è ovviamente colpa mia e della mia ignoranza in materia. :cry:
Cos'è la fotografia pinhole? Come dire che si sente un leggero fruscio ascoltando un vecchio 78 giri su un grammofono a manovella! ;/)

La perfezione ha un grande difetto, tende ad essere noiosa. ;/)
abschied
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Ho già più volte in passato espresso la mia concezione (molto minoritaria) della fotografia. Però, incitato giustamente da Luca, la riassumo volentieri sotto forma di affermazioni perentorie:

1) La fotografia è un modo fra tanti altri di documentare un dato di realtà. Non è una forma di espressione artistica.
2) E' possibile in molti modi mentire fotograficamente; per esempio trafficando con Photoshop o scegliendo maliziosamente l'inquadratura.
3) Ha un senso mentire fotograficamente solo perché nella stragrande maggioranza dei casi la fotografia non mente.
4) La sensibilità del fotografo si esercita solo nella scelta del formato che si da all'immagine.
5) La fotografia non è un mezzo per esprimere le proprie emozioni. Per quello ci sono la letteratura, la pittura e la musica.
6) Le fotografie non invecchiano; anzi, come il vino, migliorano con gli anni. Cartier-Bresson ha smesso 45 anni fa di fotografare. E allora?
7) La fotografia si presta alla riproposizione inutile di immagini retoriche
8) Le persone sono un soggetto fotografico privilegiato perché sono imprevedibili.
9) Il colore è permesso nei cataloghi delle esposizioni d'arte e nei cataloghi dell'Ikea. Altrove distrae.
10) E' chi guarda una fotografia che può eventualmente provare un emozione, non chi la scatta.
11) Adoro tutte le moderne, sofisticate apparecchiature fotografiche, ma cerco sempre di ricordare a me stesso che Giacomelli scattava con una Bencini.
Paolo Viviani
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abschied ha scritto: 1) La fotografia è un modo fra tanti altri di documentare un dato di realtà. Non è una forma di espressione artistica.
Sarebbe utile la definizione di "dato di realtà".
Per la questione "espressione artistica" facciamo una telefonata a, tra tanti altri, Jeff Wall, Gregory Crewdson, Andreas Gursky, Philippe Halsman, William Eggleston, Duane Michals, Spencer Tunick, allo stesso Mario Giacomelli o Luigi Ghirri o David LaChapelle.
2) E' possibile in molti modi mentire fotograficamente; per esempio trafficando con Photoshop o scegliendo maliziosamente l'inquadratura.
La menzogna, ammesso che tale sia e non un'ovvia distorsione di rappresentazione, inizia con la scelta della lunghezza focale, dell'inquadratura, della distanza. Mi vengono in mente talmente tante fotografie che apparentemente "documentano un dato di realtà (da definire)" ma in realtà la distorcono completamente. Vedere l'intervista a Franco Pagetti di Alessia Glaviano.
3) Ha un senso mentire fotograficamente solo perché nella stragrande maggioranza dei casi la fotografia non mente.
Quale è il senso assoluto di mentire? Non capisco l'affermazione.
Per le menzogne della fotografia chiedere a Kevin Carter di "the vulture and the little girl". Anche Jeff Wall può dirci qualcosa.
4) La sensibilità del fotografo si esercita solo nella scelta del formato che si da all'immagine.
Aggiungerei: tema di ripresa, soggetti ripresi, scelte fotografiche, etica, equidistanza, empatia. Pagetti, che dopo aver fotografato per Vogue ha documentato Iraq e Afghanistan, fornisce spunti in merito.
5) La fotografia non è un mezzo per esprimere le proprie emozioni. Per quello ci sono la letteratura, la pittura e la musica.
Non mi sembra una affermazione fondata su evidenze. Può essere o anche no. Un ritratto come atto d'amore per un soggetto?
6) Le fotografie non invecchiano; anzi, come il vino, migliorano con gli anni. Cartier-Bresson ha smesso 45 anni fa di fotografare. E allora?
Le fotografie non invecchiano, e il buon Henri non invecchia. Il problema non sono gli anni passati dal 1974, sono gli epigoni e quelli che si beano perché "quella immagine sembra tanto una foto di Cartier-Bresson". Come ho scritto prima, HCB resta un genio ed un precursore.
7) La fotografia si presta alla riproposizione inutile di immagini retoriche.
Be', sottoscrivo in pieno: tra la pervasiva presenza di mezzi di ripresa, tra la Gear Acquisition Sindrome e la sindrome del "fotografo primordiale" che ho citato sopra, la massa si immagini inutili è spaventosa.
8) Le persone sono un soggetto fotografico privilegiato perché sono imprevedibili.
Per me le persone sono un soggetto fotografico privilegiato in quanto persone ed in quanto uniche. L'imprevedibilità? Può essere o anche no.
9) Il colore è permesso nei cataloghi delle esposizioni d'arte e nei cataloghi dell'Ikea. Altrove distrae.
No comment. La realtà è comunque a colori e se la fotografia documenta un dato di realtà ha dignità anche il colore. Va detto che la fotografia monocromatica può essere un facile espediente per falsificare una trascendenza.
10) E' chi guarda una fotografia che può eventualmente provare un emozione, non chi la scatta.
Può essere, o anche no. Chiedere per esempio a Luca Rubbi quando le sue modelle si esprimono in maniera completamente libera davanti al suo obiettivo.
11) Adoro tutte le moderne, sofisticate apparecchiature fotografiche, ma cerco sempre di ricordare a me stesso che Giacomelli scattava con una Bencini.
Secondo me la semplicità è un punto di arrivo. Detto da uno che già dalla Leica IIIa soffriva della Gear Acquisition Syndrome. Sognavo una reflex e disdegnavo il 50mm, bramavo un 105mm, non sapendo che bastava fare tre passi avanti. È anche vero che lo strumento funzionalmente corretto aiuta a raggiungere il risultato che si desidera. Direi che è necessario desiderare consapevolmente un risultato: forse Gabriele Basilico con il banco ottico ha avuto lo strumento adatto per le fotografie che faceva. Robert Capa sulla spiaggia della Normandia con un banco ottico forse avrebbe avuto qualche difficoltà.
abschied
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Riprendo solo alcune delle tue obiezioni:
1) L'uso più utile ed universalmente accettato della fotografia è quello di identificare un individuo tramite un documento di identità: di fronte a me c'è il sugnor Mario Rossi (un dato di realtà) Esistono i falsari solo perché nella stragrande maggioranza dei casi il documento non solo è valido, ma viene accettato come tale. L'uso più stupido ed universalmente praticato della fotografia è il selfie il cui unico scopo è di testimoniare che Tizio, Caio e Sempronio erano in un certo posto ad una certa ora (un dato di realtà). Anche qui, è possibile che un marito fedifrago modifichi un selfie per non essere beccato, ma se lo fa invece di cancellare semplicemente lo scatto, è proprio perché è conscio del valore intrinseco di testimonianza di quell'immagine. Malgrado tutte le possibili distorsioni che può subire un'immagine, la fotografia resta nella coscienza comune un modo di appropriarsi di un dato di realtà più degno di fiducia di qualsiasi altro mezzo espressivo.

2) Non è un caso che tutti gli autori che interpelli a favore della tesi della possibilità per la fotografia di essere una forma d'arte si sforzino proprio di raggiungere con mezzi diversi uno straniamento dalla realtà.

3) La macchina fotografica può essere usata come tecnica mista nel qual caso il risultato è eventualmente un'espressione artistica. Burri ha potuto liberamente usarli per creare un'opera d'arte, ma normalmente gli stracci servono a pulire. Lo stesso Giacomelli per alcuni suoi temi usava i negativi come spunto per ottenere in camera oscura qualcosa di completamente unico e irripetibile. Raggiungeva quindi un livello di espressione proprio negando l'essenza stessa del procedimento fotografico che è quello della illimitata riproducibilità.

4) Passare dal mondo della moda al reportage di guerra è una scelta razionale, ponderata e magari anche dettata da motivazioni etiche. Ma non è a questi processi di lunga durata che mi riferivo parlando di sensibilità.
Paolo Viviani
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Riflessioni:
1) direi che il documento di identità non è esclusivamente fotografico, ma associa un’immagine, standardizzata (la nuca non andrebbe altrettanto bene) ad elementi testuali (nome, etc.) ed altri codici e simboli (timbri, firme). La combinazione di molte informazioni che evoca associazioni implicite: non confondo la mia carta di identità elettronica con la tessera del mio club fotografico. Certo, istintivamente uniamo una fotografia ad un dato di realtà, ma questo collegamento non è avulso dal complesso del nostro patrimonio di conoscenza strutturata o esperienziale;

2) mi viene in mente cosa dice un giovane fotografo americano, Adam Marelli, ottimo documentarista, ottimo formatore, con un background di pittura e scultura, oltre che di design e architettura: la realtà è noiosa. Non entro nel merito del quesito se la fotografia sia arte o no, non ne ho gli strumenti, posso solo constatare che in molti casi è considerata tale. Allo stesso tempo prendo atto, sempre senza strumenti, dello straniamento della realtà che i citati perseguono;

3) concordo con te. Non sono altresì in grado di identificare i confini della commistione di tecniche e materiali. Se c’è una matrice (un negativo pur alterato, un file digitale, un calco, la tela di seta di una serigrafia) la riproducibilità è possibile;

4) non so se tu abbia avuto modo di vedere l’intervista. Non mi riferisco al percorso complessivo di Pagetti ma ad alcune sue considerazioni etiche, antropologiche, politiche specifiche, che informano il suo rapporto con la realtà ed il suo modo di rappresentarla.

Detto questo convintamente, mi resta sempre il dubbio di ignorare.

Grazie e buona giornata.
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Ancora un'osservazione riguardo al ruolo del colore in fotografia. Per testimoniare un dato di realtà non è necessario - quand'anche fosse possibile - registrare la totalità degli elementi sensibili che a quel dato sono associati. Anzi, la testimonianza è tanto più efficace quanto più si concentra su ciò che è essenziale: da un rapporto sulla scena di un crimine ci aspettiamo di essere informati su ciò è rilevante per la soluzione del caso, non se in quel momento pioveva. Il colore è rilevante in certi casi (cataloghi, fotografie di moda e simili) ed allora va usato. Nella maggioranza dei casi invece non apporta alcun elemento utile e, di fatto, distrae l'attenzione dall'essenziale. In particolare, a meno che non si tratti di una fotografia segnaletica, non vedo cosa il colore possa aggiungere ad un ritratto. La natura è a colori ma la fotografia non è una copia della natura.
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Non discuto le tue affermazioni categoriche, che nella loro categoricità lasciano comunque spazio ad altre possibilità:
abschied ha scritto:non è necessario - quand'anche fosse possibile - registrare la totalità degli elementi sensibili
e poi
abschied ha scritto:Nella maggioranza dei casi invece non apporta alcun elemento utile
"Non è necessario" e "Nella maggioranza dei casi" non sono esclusivi, quindi ci sono anche altre possibilità.

Essendo ignorante di neuroscienze mi manca la relativa strumentazione. Posso solo apportare esperienze dall'ambito fotografico, nonché da "altri" ambiti umani.

Sul bianco e nero: sono invece fermamente convinto che faccia parte dell'impostazione originaria di una fotografia. Non è che una fotografia si fa e poi si decide se è meglio a colori o monocromatica, bianconero e colore sono linguaggi autonomi e contribuiscono autonomamente a creare il senso delle immagini.
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Sono assolutamente d'accordo con te quando scrivi:

"Sul bianco e nero: sono invece fermamente convinto che faccia parte dell'impostazione originaria di una fotografia. Non è che una fotografia si fa e poi si decide se è meglio a colori o monocromatica, bianconero e colore sono linguaggi autonomi e contribuiscono autonomamente a creare il senso delle immagini."

Va però detto che con quasi tutte le macchine digitali il colore viene imposto e non c'è altra scelta che decidere a posteriori se mantenerlo o convertire in B/N. Alcuni sostengono che partire dal colore è in effetti vantaggioso anche se la fotografia è stata pensata in B/N poichè la conversione lascia aperte più soluzioni. Personalmente io ho preferito acquistare una macchina digitale monocromatica.

Una nota: "Non è necessario" e "Nella maggioranza dei casi" non sono locuzioni esclusive perché appaiono in frasi diverse. La prima - che è di portata più generale e non si riferisce al solo colore - è in effetti categorica.
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