Mi permetto di scrivere questa che peraltro è tutta una citazione, quindi non ho alcun merito particolare, solo il fatto che almeno ho dovuto trascrivere il testo, visto che ho il libro.
E’ il brano finale di Ada-Louise Huxtable, giornalista e critica statunitense di notevole fama, in questo saggio sull’architettura contemporanea del 1981 dal titolo:
L’architettura Moderna è Morta.
Ora voi mi direte ma che ci importa dell’architettura nella fase di trapasso del modernismo al postmodernismo?
Niente, vi dico soltanto una cosa, a parte qualche punto specifico, provate a sostituire le parola architettura e architetti con fotografia e fotografi e ne vedrete delle belle…
[…]
Il nostro mondo è imperfetto come lo abbiamo trovato, e ne l’arte ne l’ideologia lo hanno mutato.
L’Utopia ci evita; Groucho Marx sembra spesso più calzante di Karl.
Quello che spero è che gli architetti di oggi scoprano alcune vecchie verità.
Come la natura dell’arte, per esempio – qualche cosa che i modernisti capirono molto bene – molto meglio di quanto capissero il mondo futuro.
Oggi l’architettura è trattata come un esercizio di linguaggio e di idee; ma l’arte è un atto non una spiegazione, un’esperienza di spazio, linee, forma e funzione condivisa direttamente dall’artista e dall’osservatore.
Come tutte le grandi esecuzioni una grande opera d’arte fa sembrare semplice la complessità; è eseguita con stile, abilità e grazia.
Qualsiasi vera opera d’arte è creata con enorme disciplina, non messa assieme con riferimenti casuali e decorazioni ricercate tolte da una sporta.
La grande arte elimina tutto ciò che è superfluo e non essenziale, per lanciare un messaggio chiaro e forte nel linguaggio del proprio tempo.
Intensifica tutte le nostre reazioni.
Non è, comunque, un messaggio semplice, i suoi molti livelli di significato aggiungono acutezza e forza.
In architettura questa acutezza e forza provengono in primo luogo dal rapporto della struttura con lo spazio, e dall’immagine, o stile che questo produce.
La bellezza è l’esperienza di quell’immagine nella forma più essenziale, concentrata ed emozionante.
Non è un caso che Euclide considerasse la bellezza spoglia.
Nella ricerca di una fraintesa libertà, questa determinante essenziale e strutturale dello stile è oggi degradata in favore di effetti superficiali e di dubbie polemiche.
L’arte dell’architettura è pericolosamente indebolita da alcuni dei suoi professionisti significativi.
Una volta che gli architetti si siano stancati dei loro nuovi giocattoli, e dei giochi nostalgici e abbiano esaurito le proprie auto-gratificazioni, possono ritornare al compito reale e difficile di fare di nuovo arte.
Si pongono ora un compito ben più arduo; la rimozione delle restrizioni moderniste apre ancora una volta a tutte le possibilità dell’arte e della storia.
La sfida e le possibilità sono enormi.
Ma devono riscoprire la verità: che tutta la grande architettura coinvolge cuore,mente e sensi attraverso quelle forme e sequenze ottenute da una diretta espressione strutturale e spaziale, non attraverso significati nascosti o fioriture decorative.
Affrontare tale verità fu uno degli aspetti radicali del Modernismo.
Una volta appresa quella lezione, e una volta che i “giganti miesani” non ci minacceranno più, potremo anche scoprire che i “meno” è veramente il “più”.
Chiaramente è dedicata a Fabrizio e Nicola.
A voi
Ciao
Luca